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giugno 01, 2008

Fisiologia vegetale: la struttura esterna dell'albero

L'albero è composto di un asse principale, o primario, costituito dal
"tronco o fusto", questo per processi tropici propri dei vegetali tende a
svilupparsi verticalmente verso l'alto.

Esiste poi un asse radicale che è la continuazione naturale dell'asse primario, come questo tende a svilupparsi nella stessa direzione verticale con verso opposto al primo vale a dire verso il basso; l'asse radicale primario si chiama fittone. Dal fusto si dipartono gli assi secondari che si chiamano "branche" se stanno nella parte aerea dell'albero, "radici" se si trovano nella parte ipogea
(sotterranea).

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Le branche sono organizzate in ordini ascendenti; le più basse si dicono di
primo ordine, le successive, di secondo ordine, di terzo ordine e così via
fino a quelle prossime all'apice dell'albero. Le branche inoltre s’indicano come "primarie" se sono
direttamente inserite nel tronco, secondarie se sono inserite sulle primarie, terziarie sulle secondarie e così via.

Si chiamano "rami" gli assi vegetativi dell'anno, su questi s’inseriscono le foglie; le strutture
d’inserimento di queste sul ramo si chiamano "nodi", mentre il tratto compreso tra due foglie è
chia mato "internodo", all'ascella d’ogni nodo si trova una gemma, quella che si trova sul apice
vegetativo del ramo è chiamata "gemma apicale", questa nelle piante acrotone rappresenta la gemma predominante, esistono piante dette basotone in cui la predominanza è delle gemme basali.

I rami si dividono a legno ed a fiore. Quelli a legno hanno una predominanza più spiccata di quelli a fiore. Nei bonsai i rami con maggior predominanza si potano al termine del ciclo vegetativo
(autunno) gli altri all'inizio (primavera).

Nelle piante acrotone i rami inseriti sulle branche d’ordine alto sono predominanti rispetto a quelli inseriti sulle branche basse; nelle basotone la predominanza è invertita. I rami a legno che partono dal tronco o dalle branche, si chiamano "succhioni" essi sono estremamente vigorosi e normalmente sono rimossi, a volte si usano per incrementare la dimensione del fusto o delle branche su cui sono inseriti, il pericolo di quest’operazione è che mentre la parte a valle del succhione tende ad ingrossare, quella a monte può deperire fino a seccare perché l'afflusso di linfa tende a convogliarsi verso i vasi del succhione, questa tendenza può essere contenuta cimando il succhione.


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I rami a legno che partono dalla base dell'albero, sono chiamati polloni, a volte questi sono usati per ricostruire la struttura della pianta partendo dal ceppo. La chioma è l'insieme delle branche e dei rami.

LE STRUTTURE INTERNE DELL’ALBERO
Il tronco Per la legge naturale “del minimo” che implica il raggiungimento di un risultato con il minimo impiego d’energie (economicità energetica), la sezione dei vegetali, tende alla forma circolare; Perché il cerchio è la figura geometrica che a parità di perimetro, rispetto ad altre, ha la massima superficie circoscritta dal medesimo.
Le pianticelle nel primo anno di vita hanno una struttura complessiva che si chiama struttura primaria; negli anni successivi le piante si sviluppano per continua sovrapposizione radiale di sostanza, questo processo è chiamato "accrescimento secondario in spessore".
La struttura secondaria d’accrescimento del tronco, è molto evidente nelle piante legnose che
all'osservazione si presentano ad anelli concentrici.

Sezionando il tronco si osservano dal centro verso la periferia quattro zone: il legno, il cambio, il libro, la corteccia.

Al centro della pianta si osserva una zona, particolare, cava in alcune specie, detta midollo. Da questa partono strutture radiali, i rami midollari primari che collegano il centro della pianta alla corteccia, nella sezione trasversale questi sono poco evidenti.

Ecco, nel dettaglio come sono costituite le varie zone:
La corteccia.
E' costituita nella parte più esterna dall’epidermide, seguita nell'ordine dal sughero, dal fellogeno o zona generatrice esterna (in questa zona si produce la scorza esterna), dal felloderma e da lla corteccia primaria.
Il libro (corteccia secondaria).
E' la zona dei vasi cribrosi percorsi in senso discendente dalla linfa elaborata. Questa zona è costituita da un tessuto detto floema. Verso l'esterno, a causa dell’accrescimento, il floema degenera formando la corteccia; la struttura rimane viva solo per pochi mm. nella parte interna.
Il cambio (zona generatrice interna).
A causa dell’accrescimento secondario in spessore in questa zona si origina tessuto a caratteristica meristematica formante un anello chiuso. Nel suo sviluppo il cambio produce all'interno "xilema" costituente il legno, ed all'esterno "floema" costituente il tessuto corticale Il cambio all'interno dei raggi midollari genera parenchima, collegandoli alla corteccia secondaria di nuova formazione.

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Il legno.
Il cambio genera maggior quantità di tessuto all'interno a causa di ciò, lo xilema secondario forma degli spessi strati continui attraversati da sottili rami midollari. Questa formazione interna al cambio più i rami midollari costituiscono il legno. Questo è formato da trachee e tracheidi che sono cellule morte e lignificate aventi,le prime, funzione di conduzione e le seconde di sostegno.
Il legno contiene poi del parenchima legnoso (tessuto vivo) che accumula sostanze organiche e le
trasporta in senso radiale.

Nelle regioni a clima temperato la crescita è discontinua mentre non lo è nei paesi tropicali.
L'alternanza stagionale evidenzia nei legni della nostra fascia climatica degli strati concentrici detti "cerchi annuali" (cosa che non avviene nei legni tropicali). Il legno primaverile è costituito da vasi larghi (a causa dell'elevato apporto d’acqua), il legno estivo da vasi stretti e notevole tessuto di sostegno. Il legno primaverile e quello autunnale non sono nettamente separati mentre quello estivo che determina l'anello annuale è molto evidente.

I legni si possono poi dividere. A pori sparsi (legni dolci) ed a pori distribuiti ad anello(legni duri).
I legni duri sono pesanti, quelli teneri sono leggeri.
In alcuni gli strati profondi hanno una colorazione scura che si chiama cuore o duramen o massello questo costituisce il legno vecchio; la particolarità della colorazione deriva al legno dai "flolofeni", (tannini) che sono sostanze antiputrescenti. Gli alberi nel quale il legno vecchio non è indurito tendono ad imputridire al centro diventando cavi.
Al legno giovane chiamato alburno è assegnato la funzione di trasporto dell'acqua. Questa è limitata al solo anello annuale più recente.


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ORGANI DI SUZIONE E TRASPIRAZIONE
Altri organi di fondamentale importanza per la pianta sono: la radice e la foglia, quest'ultima per
metamorfosi può acquistare la funzione riproduttiva trasformandosi nel fiore, lo stadio intermedio di passaggio tra foglia normale e l’organo fiorale è rappresentato dalla "brattea".
La radice.

Così come il tronco ha simmetria assiale, l'asse radicale prolunga la direzione dell'asse pri ncipale o tronco.

I fasci conduttori hanno però una disposizione diversa dal tronco quindi la radice risulta strutturata in due zone: la corteccia ed il cilindro centrale.
La corteccia : è un tessuto primario, privo di stomi le cui cellule esterne si prolungano nei peli
assorbenti, che si degenera presto sostituito da un rivestimento secondario suberificato negli strati del quale esistono piccole cellule rivestite di una sottile cuticola che permette l'assorbimento dell'acqua, la corteccia profonda ( endoderma )costituisce la zona di separazione con il cilindro centrale.

Il cilindro centrale: contiene il parenchima fondamentale il cui stra to esterno è detto "periciclo"
costituito da una sola fila di cellule a funzione meristematica secondaria produttrice di sughero, radici o gemme laterali. All'interno del cilindro esistono oltre le funzioni conduttrici anche quelle meccaniche d’ancoraggio e di sostegno, la struttura secondaria della radice è simile a quella del fusto con il quale si raccorda.

La foglia.
Le foglie sono espansioni laterali del fusto, si sviluppano dalle bozze fogliari ancora indifferenziate e visibili sul cono vegetativo. Nel caso più tipico la foglia comprende: la guaina, il picciolo, il lembo, gli organi respiratori e traspiratori. Essa è il luogo dove si compie la massima parte dell'azione clorofilliana con cui si trasforma l'energia luminosa in chimica


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FISIOLOGIA DELL'ALBERO
Accenni di fisiologia vegetale
La fisiologia vegetale studia le leggi fisiche e chimiche, i processi vitali sia delle piante sia delle cellule che le costituiscono.
A grandi linee la fisiologia può compendiarsi in alcuni cicli che studiano le funzioni del metabolismo, della fotosintesi, della sintesi dei prodotti azotati organici, dell'economia idrica, dell'accrescimento, dello sviluppo e della riproduzione.

Il metabolismo. Le manifestazioni vitali si basano su una serie complessa di processi fisico - chimici, le trasformazioni a doppio senso, che avvengono, sono determinate dalle variazioni delle condizioni energetiche del sistema in cui queste attuano.

Tali processi si realizzano attraverso due serie di reazioni reversibili:
LE EXERGONICHE dove le molecole ad alto potenziale scendono ad un livello energetico inferiore emettendo "energia libera " utilizzabile.
LE ENDERGONICHE dove le molecole a basso potenziale utilizzano "l'energia libera" per
produrre una nuova molecola ad alto potenzial e.
La fotosintesi. E' il processo biologico qualitativamente e quantitativamente fra i più importanti in natura. In questo processo le piante autotrofe assimilano l'anidride carbonica fissando l'energia solare attraverso la clorofilla. Tutte le molecole organiche vegetali provengono dall'assimilazione della C O2 a causa della luce.

Questo processo di trasformazione degli ossidi di carbonio ( anidride carbonica ), e di idrogeno (acqua ) poveri di energia, in idrati di carbonio ( carboidrati ) ricchi di energia, sembra semplice osservando l'equazione:
6CO2+6H2O +hv ÆC6H12O6+ 6O2
ma, in pratica, il trasferimento di energia e la catalisi enzimatica sono di estrema complessità tant'è che non sono ancora completamente risolti. La fotosintesi si estrinseca in tre reazioni parziali:
1) la foto fosforilazione ciclica;
2) la fotolisi del acqua;
3) la fissazione e la riduzione della CO 2
Il rendimento della fotosintesi è dell'ordine dell'1-2%. Si calcola che su 100 calorie fornite sotto forma di luce, 20 sono riflesse dalle foglie, 10 le attraversano, 20 sono trasformate in calorie, 48 - 49 servono alla termoregolazione (evaporazione dell’acqua per traspirazione) 1 - 2 calorie sono utilizzate dal processo biologico. La sostanza che permette la captazione dell’energia solare ed il suo utilizzo è un pigmento verde chiamato clorofilla. Questa è in grado di assorbire l'energia della luce solare ed usarla per convertire l'anidride carbonica in acqua e zuccheri. - Reazione ENDERGONICA -.
Questi ultimi in seguito saranno usati come fonte d’energia da tutte le cellule della pianta,
(scomposizione in anidride carbonica ed acqua con liberazione energetica riutilizzabile per la
ricostruzione dei medesimi)- Reazione EXERGONICA -.


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LA FOTOSINTESI CLOROFILLIANA.
Funzioni legate alla fotosintesi clorofilliana.
In una pianta ogni sua parte è specializzata per una determinata funzione, le foglie sono adibite alla ela borazione delle sostanze nutritive, le radici all'assorbimento dell'acqua e dei sali, la riproduzione invece è un meccanismo che si realizza a livello delle strutture fiorali, se è sessuata, od a quello di organi quali bulbi, tuberi o rizomi se è asessuata o vegetativa.

La nutrizione, vale a dire l'assunzione di tutte le sostanze necessarie al ricambio (sostituzione dei
materiali di cui è costituita la materia vivente), avviene sia a livello dell'apparato radicale, da cui
penetrano acqua e sali minerali, sia a livello delle foglie che utilizzando l'anidride carbonica dell’aria producono la sintesi degli zuccheri.

Le foglie poi hanno anche la capacità di assorbire sali minerali, in forma chelonata, attraverso la cuticola, sali che saranno immediatamente utilizzati.
Le reazioni di demolizione degli zuccheri, per produrre energia, possono avvenire solo alla presenza dell'ossigeno, esse costituiscono il fenomeno della respirazione cellulare che è comune a tutti gli organismi viventi. Tutte le cellule viventi devono, per sopravvivere, respirare, quindi la respirazione è una capacità caratteristica di tutte le cellule organiche.

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Lo zucchero prodotto dalle foglie è distribuito alle varie parti del vegetale: esso scorre in uno specifico tessuto conduttore, il floema situato nelle nervature delle foglie; da esso è convogliato nel picciolo e da questo nel floema del fusto sino alla radice. E' ovvio che nel percorso il flusso si dirama dove le necessità alimentari sono maggiori (fiori e frutti).Il legno è un tessuto conduttore per il trasporto d’acqua e sali disciolti assorbiti dalle radici, esso ha inoltre la più volte richiamata funzione meccanica d’irrigidimento del fusto e dei rami.

Il movimento dell’acqua all'interno dello xilema è ascendente, discendente nel floema; i fenomeni che determinano questo movimento sono vari e concomitanti, tra essi notevole è la traspirazione, con la quale la maggior parte dell'acqua assorbita è dispersa a livello delle parti aeree allo stato di vapore acqueo: l'acqua evapora dall'epidermide fogliare e si diffonde all'esterno attraverso piccole strutture dette stomi situate prevalentemente sulla pagina inferiore delle foglie.

Queste strutture sono formate da una fessura delimitata da due cellule particolari dette cellule stomatiche, che con la loro attività funzionale ne regolano le dimensioni stesse e di conseguenza, la maggior o minor fuoriuscita d'acqua. La traspirazione è importante per due diversi motivi; prima di tutto agevola l'assorbimento radicale, poiché man mano che avviene l'evaporazione dell'acqua si esercita una forza di suzione (depressione della parte alta delle colonne capillari). Secondo a livello del tessuto fogliare, la notevole quantità di vapore che si forma a spese di un grande assorbimento calorico fa sì che l’atmosfera tutt’intorno alla pianta non sia mai eccessivamente surriscaldata, (fenomeno di termore golazione).

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L'osmosi.
Il processo per cui l'acqua penetra nelle radici è detto osmosi. La soluzione acquosa che imbibisce il terreno ha di solito una concentrazione molto inferiore a quella della soluzione interna delle cellule; poiché l'acqua tende a diffondersi attraverso le membrane semi porose, passando dalla zona a più bassa concentrazione salina verso quelle dove la concentrazione è maggiore, (da soluzioni diluite a soluzioni concentrate) passerà dall'esterno all'interno della cuticola della radice. Il fenomeno osmotico, consiste appunto nel passaggio d’acqua attraverso la membrana cellulare.

Nel caso il contenuto di acqua nel terreno diminuisce a causa dell'eccessiva evaporazione, o delle scarse precipitazioni, la soluzione può raggiungere la stessa concentrazione del liquido cellulare, arrestando il processo osmotico; se la concentrazione esterna supera certi limiti il processo può addirittura avvenire in senso inverso, portando la pianta verso la disidratazione, infatti, in questa situazione anche se gli stomi sono chiusi la pianta perde acqua cessando di compiere i suoi processi vitali. Le piante sono poi in grado di selezionare l'assorbimento dei sali ionizzati dalle soluzioni presenti nel terreno (permeabilità selettiva delle membrane cellulari).

I FITORMONI
L'accrescimento degli organi della pianta, sebbene dominato dalle disponibilità alimentari, è determinato dalla presenza di particolari cellule dette "meristematiche " capaci per tutta la vita della pianta di dividersi per dare origine a nuove cellule specializzate. La velocità di divisione delle cellule preposte all'accrescimento volumetrico ed a tutti i fenomeni connessi sono regolati da sostanze specifiche chia mati "fitormoni ".

Il primo ormone ad essere isolato, fu l'auxina. Attualmente se ne conoscono molte di tipo sintetico che costituiscono una famiglia con proprietà simili. In natura quest'ormone, è prodotto dagli apici vegetativi delle piante ed in piccola parte negli apici radicali esso è preposto alla crescita in altezza della pianta, all'inizio è fissato a molecole proteiche da cui si libera quando è necessario mediante reazioni enzimatiche.

Le auxine non sono gli unici ormoni vegetali esistenti in natura, infatti, sono stati isolati altri due gruppi di queste sostanze: le gibberelline e le kinetine.

Gli ormoni agiscono da stimolatori quando si trovano presenti nella soluzione fisiologica in dosi di poche parti per milione, mentre in dosi eccessive si comportano da inibitori.

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LE AUXINE
Sono trasportate in basso nel fusto attrave rso un meccanismo indipendente dal sistema vascolare, determinano l'allungamento degli internodi (primordi fogliari degli apici ).
L'auxina regola anche l'accrescimento dei frutti e inibisce la crescita delle radici. Un accumulo di ormone nei germogli ne impedisce la crescita. E' proprio per questo motivo che le auxine rallentano, fino a fermarle, le gemme laterali degli apici mentre quell’apicale continua a crescere.
Questo meccanismo ha la spiegazione seguente::
Le gemme degli apici vegetativi producono l'ormone in quantità maggiore dello stretto necessario, l'eccesso è inviato verso il basso dove andrà ad incrementare quello prodotto dalla prima gemma incontrata nella discesa, questa gemma eliminerà solo parte dell'eccesso di ormone disponibile, per cui spostandoci verso il basso troveremo un sempre maggior accumulo di
auxina con una sempre maggior inibizione vegetativa sugli apici laterali. Se però per un qualsiasi motivo l'apice è leso le gemme ascellari liberate dal controllo della gemma apicale riprendono a crescere dando origine a rami più o meno lunghi; ben presto uno di questi rami, normalmente quello più vicino alla sommità, muta la sua posizione dirigendosi verso l'alto, sopravanzano gli altri nella crescita e occupando il posto della gemma lesa e ristabilendo il controllo sugli altri organi. Le auxine stimolano inoltre la produzione d’apici avventizi in regioni molto ben determinate e ristrette del fusto e delle foglie.
Le auxine rizzogene sintetiche esistenti in commercio sono: l’acido indol/acetico, l'indol/butirrico, il naftal/acetico e il dicloro/fenossiacetico. Le auxine generano marciume in tutte le parti della pianta, per cui, occorre in concomitanza con il loro uso somministrare anticrittogamici specifici.

LE GIBBERELLINE:
Hanno caratteristiche simili alle auxine, e come queste stimolano lo sviluppo equilibrato dei vegetali. (furono scoperte per la prima volta nella GIBBERELLA FUJIKUROI, ascomicete parassita del riso giapponese, attualmente sono prodotte industrialmente con il metodo delle culture, come avviene per la produzione degli antibiotici ).
Le gibberelline sono preposte al risveglio dei semi, dei bulbi, dei tuberi, delle gemme dormienti; anticipano ed aumentano la fogliazione, la fioritura, la fruttificazione. La somministrazione a mutanti nani di gibberelline ripristina le normali dimensioni della specie. Nelle piante normali l'ormone altera il rapporto tra crescita degli internodi e sviluppo delle foglie adattandole alle condizioni stagionali. La sua somministrazione elimina la tendenza a sviluppare foglie a rosetta.

LE KINETINE:
Hanno effetti opposti alle auxine, contrastano l'inibizione sulle gemme laterali causate da queste, mentre promuovono nel callo delle talee la formazione di gemme laterali. La più forte di queste sostanze sintetiche è la 6-Furfurillamino - purina .
Gli ormoni vegetali regolano i tropismi delle piante. Il fototropismo, che rappresenta la tendenza dei germogli ad orientarsi verso la luce, n’ così influenzato: l'eccesso di luce sulle parti verdi dei rami disturba la sintesi dell'ormone (auxina) che è invece prodotto nelle zone in ombra dove stimola l'allungamento delle cellule; è quest’allungamento che determina l'orientarsi dei germogli verso la luce.
Anche la gravità agisce sull'irregolare distribuzione dell'ormone; si è detto, infatti, che questo si diffonde verso le zone inferiori dell'organismo producendo l'inibizione delle cellule basali dei fusticini e facendo sì che le parti apicali tendano verso l'alto. Un meccanismo simile ma inverso si ha nelle radici.
Altre innumerevoli funzioni sono controllate dai fitormoni, tra queste:, anche se parzialmente, la caduta delle foglie in autunno, lo sviluppo dei frutti nel periodo vegetativo, lo sviluppo dei fiori fecondati e non (partenocarpia), la germinabilità dei semi (dormine, inibitori della germinazione La fioritura è controllata da ormoni fiorigeni la cui produzione in molte piante è indotta dal fotoperiodo ed è secondo questa determinata esigenza che le piante sono classificate in: longidiurne, brevi diurne e neutre. Per quanto riguarda la riproduzione tutte le piante superiori si riproducono in modo sessuato, molte di queste però si possono riprodurre per talea di parti della pianta, questo secondo meccanismo è detto moltiplicazione vegetativa o asessuata, ed è proprio in questa particolare situazione che gli ormoni intervengono con la loro funzione radicante.

LA RIPRODUZIONE SESSUATA
Si attua tramite gli ovuli profondamente modificati in seguito alla fecondazione (semi).
I semi rappresentano gli elementi produttori della pianta, poiché in essi è contenuto l'embrione; nella maggior parte dei casi questo è differenziato in una radichetta, in un minuscolo germoglio apicale ed in foglioline primordiali, possiede inoltre delle strutture particolari che si chiamano "cotiledoni" questi sono estremamente ricchi di alimenti di riserva. Sono necessari per sostenere l'embrione nella sua prima fase di sviluppo, quando la radichetta non ha ancora raggiunto la sua funzionalità e non riesce quindi ad assorbire nutrimento dal terreno. La loro funzione cesserà quando dal terreno spunteranno le prime foglie in grado di realizzare la funzione clorofilliana e quindi sintetizzare zuccheri.
Il numero dei cotiledoni è costante nei gruppi botanici: sono molti nelle Gimnosperme, due nelle
Angiosperme dicotiledoni ed uno nelle Angiosperme monocotiledoni.
Dal punto di visto chimico alcuni semi contengono sostanze di riserva di tipo amilaceo, mentre altri contengono sostanze grasse ed oli.
Contemporaneamente all'evoluzione dell'embrione nell'ovulo, ed al deposito di sostanze alimentari, i tessuti esterni si trasformano nei tegumenti del seme, che, hanno funzione di protezione e difesa; infatti, questi tessuti sono più o meno induriti o lignificati, o provvisti d’aculei, od imbibiti di sostanze
repellenti, resistenti agli agenti atmosferici ed a tutti gli attacchi esterni.
Il tegumento deve proteggere il seme per tutta la durata del periodo di quiescenza, (maturazione del frutto, liberazione del seme, intervallo di germinazione).
La germinazione si attua quando l'acqua promuove la reidratazione dei colloidi plasmatici delle cellule.
La pressione d’imbibizione rompe i tegumenti. In alcuni casi perché l'acqua giunga a contatto con i colloidi del seme occorre che i tegumenti siano rimossi da microrganismi, o dall'alternarsi di basse ed alte temperature, o dalla lisciviazione da parte dei carbonati delle sostanze inibitrici.
Il seme si predispone al periodo di latenza, che precede la sua germinazione, eliminando dai propri tessuti la maggior parte dell'acqua contenuta e quindi rallentando al massimo i processi respiratori.
Il periodo di quiescenza del seme è variabile da specie a specie; alcuni semi vanno messi a germinare subito dopo la raccolta, altri invece richiedono un periodo più o meno lungo d’attesa. Il significato biologico di tale intervallo è di impedire che il seme germini in un periodo sfavorevole alla sopravvivenza della giovane pianticella. Spesso quest’inibizione è esclusivamente meccanica: i tegumenti molto resistenti sono resi friabili dal gelo e quindi l'embrione ha la forza di uscire solo dopo l'ibernazione del seme; oppure i semi sono imbibiti da sostanze inibitorie della germinazione che sono rimosse dalla dilavazione della pioggia, altri semi hanno bisogno dell'intervento della luce per germinare.
Questa tendenza germinativa determina la possibilità di dividere i semi in:
fotoblastici, la cui germinabilità è stimolata dalla luce rossa, mentre quell’ultravioletta ha effetto
inibitorio; afotoblastica, la cui germinabilità è stimolata dalla luce ultravioletta, mentre quella rossa ha effetto inibitorio,
Su questi semi la gibberellina ha lo stesso effetto della luce rossa.
I semi che non risentono dell'intervento della luce si dicono indifferenti.
Esiste poi un gruppo di semi che al contrario sono fotofobici per questi la luce è un fattore inibitore, sono semi che germinano solo al buio.
Per certi semi, infine, il periodo di quiescenza è essenziale, perché non sempre il momento della
maturazione del frutto coincide col seme stesso; se ciò non avviene esso deve completare la
maturazione prima di poter germinare. Anche la capacità germinativa del seme ha una durata variabile, questa dipende in buona parte dal tipo di sostanza di riserva e dalle condizioni di conservazione: i semi rivestiti da tegumenti cornei, hanno un brevissimo periodo di sopravvivenza e devono germinare quasi subito, quelli oleosi hanno più resistenza, sebbene siano facilmente soggetti ad alterazione chimica i semi più resistenti in assoluto sono quelli che contengono come sostanze di riserva gli amidi (amilacei) sostanze particolarmente stabili le quali mantengono la capacità germinativa per lunghissimo tempo.

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Il"bonsai" è una pianta in miniatura, rassomigliante in tutto per tutto agli alberi che si osservano in natura.

Il"bonsai" è una pianta in miniatura, rassomigliante in tutto per tutto agli alberi che si osservano in natura.

La riduzione delle dimensioni è il risultato dell'applicazione delle tecniche agronomiche usate per coltivare le pianticelle.

La miniaturizzazione si mantiene quindi fin tanto che queste tecniche di giardinaggio sono applicate. Il "bonsai" coltivato in piena terra tende a riprendere le dimensioni proprie della specie d’origine.

Le tecniche di coltivazione applicate al "bonsai" sono state preparate osservando lo sviluppo che gli alberi hanno in natura quando le condizioni ambientali divengono estreme. Ambienti d’alta montagna che presentano terreni poveri, siccitosi, atmosfere con notevoli sbalzi termici, ambienti sassosi con rocce affioranti, producono la riduzione della struttura degli alberi, che a piena maturità non superano l'altezza di un metro.
I primi "bonsai" erano alberi prelevati in natura da esperti ricercatori che li sceglievano tra quelli
nati in terreni montani, su pareti rocciose, negli acquitrini o nelle zone esposte a venti costa nti.
Il mantenimento della dimensione ridotta e l'aspetto vetusto proprio di queste piante, erano
realizzate dagli antichi giardinieri che le coltivarono in vaso, ricreando il più possibile le
condizioni ambientali in cui queste erano nate e si erano sviluppate.

IL termine "BONSAI" letteralmente significa "VASSOIO-ALBERO" . Questo termine indica
non già una particolare essenza arborea, bensì il rapporto esistente tra un qualunque albero e la
tecnica del suo trasferimento e mantenimento in vaso. Per "bonsai" s’intende dunque il risultato
del rapporto tra il materiale da elaborare e la metodologia dell'elaborazione.

La lavorazione del "bonsai" prevede dunque l'esistenza di un’inscindibile relazione tra la pianta e
giardiniere, questa, proprio per le condizioni d’impianto dell'albero, è costantemente precaria, non ammettendo pause nella cura che il "bonsaista" deve dare alla propria creatura. La capacità
essenziale del costruttore di bonsai é quella di saper tenere conto delle esigenze vitali dell'albero, il suo intervento deve considerare la disponibilità fisiologica del veget ale verso le varie fasi del
procedimento di coltivazione, ciò implica che il rapporto sia improntato ad una profonda
conoscenza: della fisiologia; nell'ambito della quale il bonsai può accettare le nuove condizioni
ambientali, ed i tempi d’accomodamento della pianta a queste condizioni.

I tempi d’accomodamento vanno poi sempre rispettati al fine di consentire all'albero di recuperare le condizioni migliori, per affrontare il travaglio di un nuovo intervento. Non solo, le specie vegetali, hanno reazioni diverse all'intervento umano, e alle avversità naturali che affrontano durante il loro ciclo vegetativo, ma ogni individuo ha poi reazioni che dipendono dallo stato di salute della pianta.

L'arte del bonsai è un’estrinsecazione della spiritualità orientale, che si compendia:

- nella tecnica del trasferimento in vaso;
- nella potatura di riequilibrio della funzionalità vegetativa;
- nella modellatura.

La scelta del terreno, la fertilizzazione, la somministrazione dell'acqua, l'esposizione al sole od
all'ombra , sono tutti accorgimenti fondamentali e importanti nell'esecuzione del "bonsai".

NOTE STORICHE

La nascita del "bonsai" , si perde nella leggenda. I primi accenni storicamente noti, sono cinesi, essi risalgono al II sec. a.C. (dinastia Qin).

I cinesi li chiamavano " PUNSAI" e l'ideogramma che li identifica è uguale a quello giapponese. Furono in ogni caso i cinesi a piantare per primi alberelli in vaso. La leggenda racconta che questa pratica nacque in Mongolia in periodo proto - storico. Sotto la spinta della religione delle culture nomadi della zona nord della Cina, cherichiedeva ai fedeli di pregare giornalmente in un luogo alberato, questi, preso atto di quest’imposizione, e tenuto conto della loro necessità di spostarsi continuamente, a cavallo, nell e steppe semi desertiche, inventarono l'uso di piantare in sacche di pelle alberelli che erano trasportati appesi alla sella e potevano essere posati a terra sul luogo temporaneo della preghiera.

Le prime menzioni dei "PUNSAI" Cinesi risalgono dalla dinastia Qin (221-2O2 a.C.); la successiva dinastia Han (202 a.C. -220d.C.), vede nascere i paesaggi in vaso chiamati "PUNJING".

Circa 150 anni dopo un famoso poeta e funzionario statale, Ton-Gien-Ming (365-427 d.C.) si dedica alla coltivazione delle piante in vaso. I primi dipinti in cui si vedono rappresentate pianticelle in vassoio, risalgono alla dinastia Tang (618-907 d.C.); nel successivo periodo Song (960 -1276 d.C.) non solo questi alberi sono citati nei poemi, ma esisteva anche una letteratura specifica che dava indicazioni sulla loro prod uzione.


L'esportazione del "Punsai", e quindi la sua conoscenza fuori della Cina si realizza, tra il X e l'XI secolo, dinastia Song (960-1276 d.C.), attraverso i monaci buddisti, che durante i loro pellegrinaggi, usavano i "punsai" come oggetti sacri che rappresentavano la concezione che la vita si realizzi nell'armonia, e che attraverso l'identificazione della tendenza dell'albero a crescere verso l'alto, si evidenzi il collegamento tra la terra e il cielo o meglio ancora la tendenza dell'uomo verso la perfezione Nirvanica.

E' nel periodo della dinastia Yuan (1280-1368d.C.) che compaiono le prime notizie certe sull'uso che i giapponesi benestanti avevano di regalare i punsai cinesi agli ospiti di riguardo, (pergamena dipinta dai fratelli TAKAAKI e TAKAMASA FUJIWARA-1351-d.C.)

Nella prima metà del XVII sec. CHU SHUN-SUI, funzionario statale cinese, rifugiatosi, in seguito all'esito sfavorevole di una congiura di palazzo, in Gi appone, portò, in questo paese, l'intero compendio della letteratura specifica sulla produzione d’alberi in miniatura, creando il presupposto per la nascita di una cultura originale giapponese sulla produzione di queste piante-vassoio. Furono poi i giapponesi a far conoscere all'occidente i loro "BONSAI", esponendoli per la prima volta alla mostra universale di Parigi nel 1878.

 

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