
Il ginepro costituisce una eccezione: quasi tutte le varietà di questa specie, infatti, radicano molto rapidamente con la tecnica dell'asportazione.
L'intervallo di tempo tra la realizzazione della margotta e la comparsa delle radici varia a seconda della specie. Ci sono alcuni ginepri che producono radici in circa due settimane; i pini, d'altro canto, sono notoriamente molto più lenti.
I pini pentaphilla richiedono addirittura uno o due anni, per formare nuove radici adatte a sostenere adeguatamente la vita del nuovo albero. Ai pini, quindi, si adatta meglio la tecnica del tornichetto, in quanto la rimozione della corteccia si rivela troppo drastica. Si può comunque usare una variante del metodo dell'asportazione della corteccia, lasciando alcuni ponticelli. Con le piante decidue si possono fare delle margotte su tronchi e rami anche molto grandi.
Sono riuscito, ad esempio, a far radicare rami e tronchi di zel-cova di circa 10-12 cm di diametro: con i salici piangenti è possibile addirittura raggiungere uno spessore di 15-18 cm.
Il modo migliore per ottenere una margotta
Gì, attrezzi e il materiale necessario per fare margotte: un potatoio affilato per togliere la corteccia, una soluzione di vitamina B1 per stimolare la formazione di radici, dei legacci, dello sfagno e alcuni fogli di plastica trasparente.
II periodo migliore per fare margotte è la prima parte della stagione vegetativa, cioè la primavera, quando la linfa comincia a salire abbondante.
Un vantaggio dell'iniziare precocemente sta anche nel fatto che in questo modo da un singolo albero si possono trarre margotte fino all'inizio dell'autunno. Alcuni esperti propongono di avvolgere la palla di sfagno con plastica trasparente, sovrapponendovi un secondo foglio di plastica nera.
Secondo la mia esperienza, però, la plastica scura non è necessaria, poiché lo spessore stesso dello sfagno esclude la maggior parte della luce dalla zona in cui devono nascere le radici.
Inoltre, usando la plastica trasparente, diventa possibile vedere quando le radici si sono formate e passano attraverso lo strato di sfagno: si può così sapere esattamente quando staccare il ramo dalla pianta madre. Il momento in cui il ramo viene separato dal resto dell'albero è decisivo per il successo della margotta. Infatti, se il ramo viene tagliato troppo presto la margotta non può sopravvivere. La margotta è pronta solo quando una quantità sufficiente di radici ha riempito la palla di sfagno. Si può a quel punto vedere chiaramente una massa di nuove radici turgide e biancastre. Quanto più queste saranno abbondanti tanto maggiore sarà la possibilità di successo. Il taglio per separare il ramo deve essere netto. Occorre una certa cautela nel manipolare la palla di sfagno quando è piena di radici: alcuni propongono di procedere al taglio a piccole porzioni e in operazioni successive, comunque non è necessario. Quando nella margotta si sono formate radici in buona quantità, la sua sopravvivenza è assicurata anche se si taglia tutto in una volta. A questo punto occorre sistemare il nuovo apparato radicale in un vaso piuttosto grande e coprirlo con torba pura. Ho notato che se viene usata la torba da sola invece del terriccio o sabbia grossolana, le radici restano più integre e quindi la margotta ha migliori probabilità di sopravvivere.
Se invece viene usato terriccio pesante, oppure sabbia o ghiaietta, il peso di questi ma-
teriali rischia di danneggiare le ancora fragili radici.
Se la chioma del nuovo alberetto è molto ricca di rami e di foglie occorrerà eliminarne una parte, al fine di ridurre la traspirazione e dar tempo alla margotta di affrancarsi completamente.
È anche buona regola collocare il soggetto appena rinvasato in una bacinella d'acqua, in modo che possa assorbire tutta l'umidità che gli serve.
Può giovare l'aggiunta di vitamina Bl, ma non si deve fertilizzare, poiché in questa fase il concime potrebbe danneggiare le giovanissime radici. La cosa migliore sarebbe sistemare le margotte appena rinvasate in un luogo umido, come una serra fredda, oppure in nebulizzazione.
Questo favorisce la formazione di ulteriori radici in breve tempo. Una margotta rinvasata in sfagno puro può riempire il vaso di radici in due o tre settimane.
Non si deve assolutamente collocare la margotta appena fatta direttamente in un vaso bonsai; è meglio lasciarla per almeno un anno in un grande vaso da coltivazione. In alternativa la si può coltivare, per un an-
no ancora, in una grande seminiera o addirittura nel terreno, affinchè le radici possano irrobustirsi; ciò permette poi la loro manipolazione e il successivo rinvaso in un contenitore bonsai.
L'anno successivo si potrà cominciare a trasformare la margotta in un gradevole bonsai: dopo il rinvaso si possono già educare e perfezionare i rami e la struttura in genere. Col tempo diventa praticamente impossibile dire se il bonsai è stato prodotto con una margotta o con un metodo più tradizionale, come il seme, la talea o l'innesto