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ottobre 18, 2008

Le strutture interne dell'albero

Il tronco
Per la legge naturale “del minimo” che implica il raggiungimento di un risultato con il minimo impiego d’energie (economicità energetica), la sezione dei vegetali, tende alla forma circolare.

Perché il cerchio è la figura geometrica che a parità di perimetro, rispetto ad altre, ha la massima superficie circoscritta dal
medesimo.

Le pianticelle nel primo anno di vita hanno una struttura complessiva che si chiama struttura primaria;
negli anni successivi le piante si sviluppano per continua sovrapposizione radiale di sostanza, questo processo è chiamato "accrescimento secondario in spessore".




La struttura secondaria d’accrescimento del tronco, è molto evidente nelle piante legnose che
all'osservazione si presentano ad anelli concentrici.

Sezionando il tronco si osservano dal centro verso la periferia quattro zone: il legno, il cambio, il libro,la corteccia.

Al centro della pianta si osserva una zona, particolare, cava in alcune specie, detta midollo. Da questa partono strutture radiali, i rami midollari primari che collegano il centro della pianta alla corteccia, nella sezione trasversale questi sono poco evidenti.

Ecco, nel dettaglio come sono costituite le varie zone:

La corteccia.
E' costituita nella parte più esterna dall’epidermide, seguita nell'ordine dal sughero, dal fellogeno o zona generatrice esterna (in questa zona si produce la scorza esterna), dal felloderma e da lla corteccia primaria.

Il libro (corteccia secondaria).
E' la zona dei vasi cribrosi percorsi in senso discendente dalla linfa elaborata. Questa zona è costituita da un tessuto detto floema. Verso l'esterno, a causa dell’accrescimento, il floema degenera formando la corteccia; la struttura rimane viva solo per pochi mm. nella parte interna.

Il cambio (zona generatrice interna).
A causa dell’accrescimento secondario in spessore in questa zona si origina tessuto a caratteristica meristematica formante un anello chiuso. Nel suo sviluppo il cambio produce all'interno "xilema" costituente il legno, ed all'esterno "floema" costituente il tessuto corticale Il cambio all'interno dei raggi midollari genera parenchima, collegandoli alla corteccia secondaria di nuova formazione.

Il legno.
Il cambio genera maggior quantità di tessuto all'interno a causa di ciò, lo xilema secondario forma degli spessi strati continui attraversati da sottili rami midollari. Questa formazione interna al cambio più i rami midollari costituiscono il legno. Questo è formato da trachee e tracheidi che sono cellule morte e lignificate aventi,le prime, funzione di conduzione e le seconde di sostegno.

Il legno contiene poi del parenchima legnoso (tessuto vivo) che accumula sostanze organiche e le
trasporta in senso radiale.
Nelle regioni a clima temperato la crescita è discontinua mentre non lo è nei paesi tropicali.
L'alternanza stagionale evidenzia nei legni della nostra fascia climatica degli strati concentrici detti "cerchi annuali" (cosa che non avviene nei legni tropicali). Il legno primaverile è costituito da vasi larghi (a causa dell'elevato apporto d’acqua), il legno estivo da vasi stretti e notevole tessuto di sostegno. Il legno primaverile e quello autunnale non sono nettamente separati mentre quello estivo che determina l'anello annuale è molto evidente.


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I legni si possono poi dividere. A pori sparsi (legni dolci) ed a pori distribuiti ad anello(legni duri).
I legni duri sono pesanti, quelli teneri sono leggeri.

In alcuni gli strati profondi hanno una colorazione scura che si chiama cuore o duramen o massello questo costituisce il legno vecchio; la particolarità della colorazione deriva al legno dai "flolofeni", (tannini) che sono sostanze antiputrescenti. Gli alberi nel quale il legno vecchio non è indurito tendono ad imputridire al centro diventando cavi.

Al legno giovane chiamato alburno è assegnato la funzione di trasporto dell'acqua. Questa è limitata al solo anello annuale più recente.

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Sistemazione

Il successo nella coltivazione dei bonsai può dipendere da come le piante vengono collo­cate.

Come abbiamo già visto, i bonsai non dovrebbero essere tenuti al chiuso, a meno che non si tratti di piante tropicali.

Anche in questo caso, comunque, le condi­zioni che offre un appartamento non saran­no mai quelle ideali, poiché, per un rigoglio­so sviluppo, la maggior parte dei bonsai ha bisogno di sole, aria fresca e pioggia. Si discute molto se sia meglio tenere le pian­te in pieno sole o all'ombra.

Non si può dare tuttavia una regola generale: molto dipende dalla specie del bonsai e dalle condizioni cli-matiche locali.


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Pini e ginepri godono del pieno sole, mentre aceri e altre piante decidue preferiscono la penembra. A questo si può provvedere mettendo i bonsai in una posizione dove ricevano il sole del primo mattino ma siano protetti nelle ore successive il pomeriggio.

Le reti ombreggianti sono molto usate ai tropici per evitare danni alle foglie e per rinfrescare le piante. Anche da noi può u essere sato lo stesso sistema. La protezione durante l'inverno è essenziale se la temperatura scende oltre i 4 gradi sottozero. in queste circostanza è consigliabile proteggere il bonsai, ponendoli in una serra fredda nei vani sotto gli stessi banchi da esposizione, chiusi con vetro o fogli di poilietilene.

La corrente d'aria può essere dannosia, ai bonsai esposti al gelo poiché questo ulteriore abbassamento della temperatura aggrava gli effetti del freddo ambientale. È consigliabile proteggere certe varietà sensibili al freddo come l'acero tridente, collocando iil vaso o la zolla libera in uno spesso stratodi muschio.

I pini generalmente traggono beneficio dal restare esposti al freddo per un certo tem­po. L'eccessiva protezione di pini e ginepri, ad esempio, porta a un tipo di vegetazione troppo succosa. Nei luoghi dove il clima è molto freddo e la temperatura invernale può toccare i 10 gradi sottozero, le specie più delicate come l'acero tridente e il melo­grano dovrebbero svernare in luoghi fre­schi e asciutti o in cantina.

Durante l'inverno la luce non è essenziale per le piante che perdono le foglie; al con­trario i sempreverdi non devono mai essere tenuti in luoghi bui per più di due settimane consecutive, altrimenti tendono a ingiallire. Di tanto in tanto dovreste accertarvi che la zolla del vostro bonsai non sia asciugata completamente; è molto importante che re­sti sempre leggermente umida. Nelle zone mediterranee e tropicali la protezione inver­nale degli alberi non è necessaria.

Alcune specie, comunque, richiedono una certa quantità di freddo perché venga indotta la dormenza e possano perdere le foglie, op­pure perché possano produrre fiori e frutti. Se certe varietà come l'acero giapponese, il melo da fiore, il larice e il faggio non sento­no per qualche tempo il freddo, non sono in grado di compiere il loro ciclo naturale e possono anche indebolirsi e morire.

Molti appassionati di bonsai, in luoghi come la California o le regioni del Mediterraneo, procurano ai loro alberi un periodo di dor­menza artificiale tenendoli per un certo tempo al freddo, eventualmente in un frigo­rifero: solo così gli alberi possono essere portati a fiorire e fruttificare. Sfortunata­mente però è difficile ottenere dei bei colori autunnali in modo artificiale: raffreddare gli alberi in tal modo potrebbe in qualche caso servire, io però non ho mai provato.


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Questo scorcio sui bonsai nel patio mostra come dovrebbero essere collocate ie piante, Questa zona è esposta a l pieno sole durante tutto l'anno, quindi le piante dovono essere ruotate d tanto per esporle alla luce da tutti i lati.

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Insetticidi, fungicidi e diserbantip er chi coltiva bonsai.

Insetticidi
I parassiti sono un problema per chi coltiva bonsai, come Io sono per i coltivatori di rose o di crisantemi: non è quindi fuori luogo usare gli insetticidi sui bonsai.

È adatta la maggior parte dei prodotti per giardino e la piccola dimensione del bonsai non fa che renderne più semplice l'uso: al massimo, per stare tranquilli, potrete usare una concen-trazione un po' inferiore a quella raccoman­data sull'etichetta.

Il Malathion è efficace sugli afidi come su al­tri insetti, compreso l'afide lanoso, i bruchi e la cocciniglia.


Il Metasystox (Decisi è particolarmente effi­cace, anche quando la cocciniglia diventa un problema per la sua resistenza (specialmen­te sul ginepro pungente). Gamma BHC è un altro buon insetticida uni­versale che agisce su molti parassiti che si annidano nella corteccia; da buoni risultati anche contro i curculionidi.




Gli insetticidi contenenti Fenitrothion servo­no per liberarsi delle larve delle camole. Si devono applicare gli insetticidi solo quan­do è evidente l'infestazione; non è buona re­gola usarli per un'azione preventiva, poiché a lungo termine possono avere effetti dan­nosi sul terriccio del bonsai. L'applicazione degli insetticidi va fatta la se­ra presto, al crepuscolo. Non spruzzate mai le vostre piante nella tar­da mattinata o all'inizio del pomeriggio, per­ché con i raggi del sole la sostanza insettici­da potrebbe danneggiare e macchiare le fo­glie.

Gli insetticidi andranno usati a concentra-zione ridotta nel caso li si debba usare su germogli ancora teneri. E meglio evitare, se possibile, di usare pro­dotti sistemici poiché anche questi, a lungo andare, possono avere un effetto negativo.

Fungicidi
Acero, faggio, larice, cryptomeria, sequoia e alcuni pini soffrono talvolta di 'mal bianco' (oidio) e muffe. L'umidità e la scarsa ventila­zione di una serra fredda possono esserne la causa, specialmente nella tarda primavera e all'inizio dell'estate.

I fungicidi adatti sono quelli che contengono Captan, Benomyl, Zineb e Maneb e servono sia per le muffe che per l'oidio. Anche in questo caso è raccomandabile preparare
una soluzione più diluita di quanto propo dalle istruzioni per l'uso, indipendentem te dalla marca del prodotto. A differenza degli insetticidi, questi antic togamici possono essere applicati a interv regolari, come misura preventiva. Altrim ti, al primo apparire della malattia, esegL immediatamente il trattamento.

Diserbanti
I diserbanti non sono molto usati dagli passionati di bonsai poiché le erbacce non sono un problema particolarmente grave. Per i vivai commerciali, invece, i diserbanti sono una benedizione, poiché il loro uso può far risparmiare un bel po' di lavor.o Molti bonsaisti tengono le loro piante sopra bancali, che d'abitudine stanno su un terreno pavimentato o coperto di ghiaia, i diserbanti sono in tal caso molto utili per liberare queste zone dalle erbe.


La Simazina è un erbicida pre-emergenza che può prevenire lo sviluppo delle erbe autunnali. Se fate sviluppare delle piantine di vivaio in piena terra, la Propazymide vi libererà della maggior parte delle erbacce. Se intendete pulire un pezzo di terreno prima della piantagione, il Glyphosate applicato precocemente in autunno o all'inizio della primavera, vi assicurerà che il terreno sia completamente pulito prima che iniziate i trapianti. Durante la stagione vegetativa erbacce annuali e perenni possono essere tenute sotto controllo usando del Paraquat che ucciderà ogni forma di vegetazione sopra il livello del suolo.

Il Paraquat è velenoso e deve essere usato con molta prudenza. Una sorta di imbuto dovrà sempre essere applicato all'ugello dello spruzzatore in modo da poter applicare il diserbante con sicurezza, evitando di raggiungere piante interessanti. Qualsiasi tipo di erbicida vngar usato è bene indossare sempre guanti. occhiali protettivi e una maschera applicata sul naso e sulla bocca. Non usate mai diserbanti sul terreno dei bonsai già in vaso; in questo caso le erbacce; dovranno sempre essere strappate a mano.
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Wabi e Sabi

Principi estetici
II bonsai è ormai accettato ovunque come una forma d'arte e non semplicemente co­me una coltivazione specializzata. Inteso in tal senso, ha certi principi esteti­ci basilari che si possono analizzare e stu­diare. Questi principi hanno una base co­mune a ogni forma d'arte cinese e giappo­nese.
Per apprezzare esteticamente il bonsai è ne­cessario quindi conoscere il contesto nel quale l'arte giapponese e cinese si è svilup­pata.
Quasi tutte le forme orientali di arte e di ar-tigianato hanno la loro origine nel taoismo e nel buddismo.
Anche se spesso regole complesse o tecni­che raffinate sono le componenti essenziali di queste arti, finiscono con il giocare sem­plicemente un ruolo di mezzo strumentale e sono comunque secondarie: l'aspetto più ap­pariscente di un'opera d'arte superiore o di un capolavoro è la sua capacità di apparire casuale o quasi accidentale. Taoismo e zen considerano un'alta conqui­sta per un uomo riuscire, quasi senza sfor­zo, a creare tali 'accidenti' o a cogliere que­ste 'fortunate occasioni' in ogni campo, in­cluso il bonsai. Sono queste le persone che diventano grandi 'maestri' nella loro partico­lare arte.

Wabi e sabi

Ci sono due concetti fondamentali che per­meano l'arte e la cultura cinese e giappone­se: i concetti di wabi e sabi. Wabi significa letteralmente 'povertà', nono­stante questa traduzione non riesca a dare un'idea precisa del suo vero significalo: po­vertà come 'non-soffrire" per il 'non-possedere" come tranquilla accettazione del fatto che non si possiede nulla, con molta semplicità.

Wabi quindi è una povertà ben più nobile delle più immense ricchezze materiali. In pratica si può ritrovare il wabi nel vivere serenamente in condizioni spartane, con ci­bo semplice e accontentandosi di poco, felici e in sintonia con gli eventi di tutti i giorni. Nel campo intellettuale e artistico il wabi si trova nelle persone che non indulgono a concetti complicati, a espressioni superorna-te e che non nutrono un'alta considerazione di sé: persone tranquille che si accontentano delle semplici cose della vita e ne fanno la fonte delle loro ispirazioni quotidiane. Sabi invece indica 'solitudine', sebbene in termini estetici il suo significato sia molto più complesso. È implicito nel concetto di sa-bi anche un riferimento al vecchio, all'anti­co, specialmente se è unito a una sostanziale assenza di sofisticazione.

Gli utensili usati nella tradizionale cerimo­nia del tè in Giappone sono un buon esem­pio di sabi.
L'essenza del sabi è la grazia unita all'antico. Per riassumere, il wabi implica povertà, semplicità accompagnata dalla serena capa­cità di accontentarsi; il sabi invece rappre­senta il senso di solitudine, una certa delibe­rata imperfezione ispirata all'antico e l'as­senza di sofisticazione. Intrecciati a questi attributi ci sono poi le qualità innate di un profondo amore per la natura, la ricerca dell'asimmetria, l'assolu­ta assenza di astrazioni, di intellettualismo e un certo distacco dalle cose pratiche e ma­teriali.
Sette caratteristiche, viste come espressione dello zen in un'opera d'arte, conducono al wabi e al sabi.
Esse sono: asimmetria, semplicità, sublime austerità, naturalezza, sottile profondità, di­stacco, tranquillità.
Alcune di queste qualità possono essere pre­valenti in una particolare opera d'arte, ma tutte devono contemporaneamente essere presenti in qualche modo, e contribuiscono a creare la perfetta armonia che caratteriz­za il capolavoro.

Asimmetria
Perlopiù la sagoma di un bonsai è asimme­trica nella forma e nell'equilibrio. Eccettuato il caso dello stile formale eretto, ben poche composizioni devono essere perfettamente simmetriche.
L'armonia viene raggiunta con un accurato equilibrio delle masse e dei vuoti, che an­dranno collocati al giusto posto e nelle giu­ste proporzioni (per esempio evitando rami opposti o ricercando l'esulta collocazione dell'albero nel vaso).

Semplicità
Nella filosofia e nella scienza, i più profondi concetti si possono esprimere spesso in ter­mini molto semplici. Ciò è vero anche nel bonsai: decorazioni eccessive dell'albero o del vaso distolgono l'attenzione dall'essenza del disegno. La disciplina della semplicità è il filo conduttore nel decidere la forma di un bonsai.

Sublime austerità



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Tutte le parti superflue sono eliminate, la­sciando solo quelle essenziali, utili a trasmet­tere il messaggio dell'artista. Nel bonsai, forse, il migliore esempio di que­sta qualità è rappresentato dallo stile literati, dove solo una o due forti linee comunicano le emozioni e le suggestioni dell'autore. Un bonsai di questo stile ricorda molto i tratti di pennello della scuola di pittura lite-rati, basata su una comunicazione scarna ed essenziale, in cui la forza della linea del tronco e un minimo di ramificazione e di fo­gliame bastano a esprimere un ricco conte­nuto.
Lo stile literati è considerato l'espressione più alta dell'arte bonsai. lljin (legno morto) e il sharimiki (legno scortecciato) sono altri esempi di sublime austerità.

Naturalezza
Al fine di creare un'emozione completamen­te naturale occorre evitare ogni evidenza di artificialità. Le caratteristiche della natura sono osservate e copiate l'in ne;! più piccolo dettaglio; questo per dare l'impressione del­l'accidentale o del casuale. Il risultato deve far pensare che l'uomo non sia intervenuto.

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Criteri di coltivazione

II primo requisito per avere successo nel bonsai è probabilmente una buona cono­scenza della fisiologia vegetale.

Bisogna sa­pere come vivono e crescono le piante per essere in grado di 'gestirle' nel modo miglio­re. Molte di queste conoscenze possono es­sere acquisite attraverso gli errori, ma certo i suggerimenti e la competenza degli esperti possono aiutarvi a evitare alcuni inconve­nienti.

Le note che seguono vanno intese più come suggerimenti che come regole im­mutabili. Esse possono essere modificate, per adattarle alle singole situazioni ambien­tali. In altre parole, fate affidamento prima di tutto sul vostro buon senso.


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Il terriccio bonsai
L'importanza del terriccio bonsai spesso è sottovalutata o fraintesa: in effetti è forse l'e­lemento fondamentale nella coltivazione bonsai. Alcuni piantano i loro bonsai in un terreno ricavato direttamente dal giardino, mentre altri usano all'opposto solo substrati artificiali. Il meglio, come sempre, sta a metà fra i due estremi.

Tutti i giardinieri sanno che se un terriccio è troppo pietroso o sabbioso, oppure se è troppo ricco di torba e di argilla, non è certo l'ideale per le piante. In realtà una sorta di argilla sabbiosa è generalmente considerata come il substrato ideale, perché offre un buon drenaggio ed è allo stesso tempo capa­ce di trattenere una sufficiente quantità di umidità.

Inoltre il terriccio deve contenere un'ade­guata quantità di sostanza biologica o hu­mus che consente la vita di importanti e be­nefici microrganismi e un sufficiente nutri­mento per le piante.
Questa natura del terreno, espressa in ter­mini così vaghi, può essere interpretata in molti modi. In ogni caso, un accettabile ter­riccio per bonsai dovrebbe consistere in un miscuglio relativamente omogeneo di argil­la, torba e sabbia, al quale andrà mescolato un po' di fertilizzante. L'importanza di un buon drenaggio non sarà mai sufficiente­mente ribadita, poiché le radici hanno biso­gno di aria: la presenza stessa di sabbia grossolana nel terriccio bonsai dovrebbe ga­rantire una buona ventilazione.

Un buon terriccio è quello in cui i vari com­ponenti si trovano in un corretto equilibrio. Le loro proporzioni comunque possono cambiare a seconda della specie dell'albero che vi si coltiva. Pini e ginepri vivranno bene in un terriccio fatto con molta sabbia; rodo­dendri e azalee amano un terriccio ricco di torba o composta, mentre le piante da fiore, come il glicine o il melo, necessitano di abbondante argilla.

Fertilizzanti
Tutte le piante devono essere fertilizzate per crescere in buona salute: i bonsai non fanno eccezione. Vivendo in un volume così limitato di terriccio, ne hanno semmai ancor più bisogno. Il segreto per fertilizzare cor­rettamente il bonsai è fornirgli piccole quan­tità di fertilizzante a brevi intervalli, ma solo durante il periodo vegetativo (normalmente dal principio della primavera al principio dell'autunno).

Il fabbisogno nutritivo delle differenti specie può variare moltissimo. Le conlfere possono essere nutrite per un periodo molto lungo, come dire dalla primavera precoce all'inizio dell'inverno, mentre le piante decidue do­vrebbero essere fertilizzate solo quando hanno le foglie, cioè dall'inizio della prima­vera a metà autunno.

In linea di massima, comunque, tutte le va­rietà di alberi dovrebbero essere fertilizzate con un concime ad alto contenuto di azoto durante la prima parte della stagione vege­tativa e con un fertilizzante a basso conte­nuto di azoto, ma ricco di potassa, durante l'ultima parte dello stesso periodo: questa è una regola fondamentale che dovrebbe es­sere applicata senza eccezioni. Esistono in commercio numerose marche di fertilizzan­ti e non è necessario qui elencarle tutte.

Tutto ciò che occorre sapere è che un ferti­lizzante piuttosto ricco di azoto, come un 10-10-10 o addirittura uno non specifico co­me un 7-1-7, è una buona formula da usare durante la primavera e l'inizio dell'estate; un concime ricco di potassa, come un 4-7-10 o un 4-10-10, è invece migliore durante la tar­da estate e l'inizio dell'autunno: aiuta infatti il bonsai a formare una buona resistenza al freddo dell'inverno.


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Non è consigliabile l'uso di un fertilizzante ricco di azoto dopo la me­tà dell'estate, poiché questo promuove la formazione di una vegetazione troppo piena di linfa e rischia di ridurre la capacità dell'al­bero di resistere al gelo. Un concime indicato per pomodori o rose, che contiene potassa e magnesio, è ideale per le varietà da fiore, poiché aiuta la for­mazione di gemme che fioriranno e fruttifi­cheranno l'anno successivo. Questo tipo di fertilizzazione dovrebbe essere eseguito verso la fine dell'estate o all'inizio dell'au­tunno.

Per il bonsai si potrebbe usare, in pratica, qualsiasi tipo di concime, a condizione che la concentrazione sia ridotta. In linea gene­rale tutti i fertilizzanti dovrebbero essere usati a una concentrazione che sia metà o addirittura un quarto di quella consigliata dal fabbricante. Ci sono tre tipi di fertiliz­zanti: a lenta cessione, granulare o polvere, liquido.

Quelli a lenta cessione si mescolano al terric­cio ed evitano di dover intervenire in segui­to con altre fertilizzazioni, mentre i concimi a rapida azione (come quelli fogliari) posso­no servire per integrare una concimazione normale.

I fertilizzanti granulari o in polvere vengono sparsi sulla superficie del terriccio in modo da sciogliersi nello stesso ogni volta che si bagna il bonsai. I concimi liquidi vanno dilui­ti con acqua. Non si deve assolutamente usa­re un concime liquido concentrato. Quando si innaffia un bonsai con un fertilizzante liquido è buona norma porre il vaso in una bacinella, in modo da recuperare il liquido in eccesso.

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Studiare i Bonsai a Milano

Dura molte giornate il raduno internazionale del bonsai e delle pietre da paesaggio.

E per gli appassionati è saggio programmare fin d'ora il viaggio: dai 12 fino al 21 settembre, a Parabiago, fuori Milano, si riuniscono collezionisti e coltivatori di alberi in miniatura.

Luigi Crespi, dal 1959 punto di riferimento italiano di un'arte cosi tipicamente orientale, ha raccolto nel museo che porta il suo nome pezzi straordinari ai quali si ispirano i maestri per continuare nella difficile tecnica di «nanizzare», facendole vivere come se fossero gip m i, le essenze più note, dalla quercia ai ficus. inoltre l'università del bonsai di Parabiago datili al 13 ottobre propone un corso di giardini giapponesi per appassionati di bonsai.



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settembre 07, 2008

Assorbimento e nutrizione del bonsai

Nutrire le piante in vaso
In condizioni normali le piante provvedono da sole al loro nutrimento.

L'acqua che i vegetali trovano nel terreno rappresenta l' 80 - 90% del loro peso. Il 9 -18% rimanente è composto dall'anidride carbonica e dall'ossigeno del atmosfera. Dal punto di vista chimico invece tre elementi (carbonio, idrogeno ed ossigeno) rappresentano il 98 -99% del peso della pianta, (composizione ponderale) il restante 1-2% è costituito da altri 60 elementi.

Sebbene nei terreni normalmente utilizzati per i rinvasi vi sia una notevole riserva di questi elementi la loro disponibilità in forma utilizzabile da parte delle piante, può avvenire solo in particolari condizioni e qualche volta con velocità troppo bassa rispetto alle esigenze della pianta. Nel periodo di maggior sviluppo vegetativo, occorrerà quindi intervenire ad integrare il terreno con questi elementi in forma disponibile.

Le necessità alimentari non riguardano gli elementi ricuperabili direttamente dall'atmosfera (carbonio, idrogeno ed ossigeno) e neppure la maggior parte degli altri elementi.
Allo stato, attuale delle conoscenze solo 10 di questi sembrano necessari ad un corretto sviluppo
vegetativo, inoltre di quelli di cui si conosce la funzione solo tre (azoto, fosforo e potassio ) sono
assimilati in quantità apprezzabili, il che determina la necessità che la loro somministrazione sia
frequente.

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Le piante si alimentano attraverso i peli radicali, con cui assorbono le sostanze nutrienti presenti nel terreno e sciolte nell'acqua. La capacità di assorbire sostanze nutritizie non è localizzata unicamente nelle radici; anche le foglie sono in grado di svolgere la stessa funzione, con tempi di reazione veramente minimi, poiché i fertilizzanti assorbiti da esse vengono a trovarsi direttamente nella zona in cui maggiore è la loro utilizzazione. Per quanto questo metodo possa difficilmente sostituire i tradizionali sistemi di concimazione del terreno, esso offre tuttavia notevoli vantaggi. Affinché la nutrizione sia buona, le piante devono essere sane, con apparato radicale ben sviluppato, vanno coltivate in terreni adeguatamente drenati ed ossigenati.

L'ASSORBIMENTO.
Questo fenomeno avviene con produzione d’energia da parte delle radici, questa si sviluppa dalla
combustione degli zuccheri e degli amidi, inviati alle cellule radicali, e dall'ossigeno atmosferico: ne consegue che il terreno deve essere sempre ben aerato se si vuole che la pianta assorba efficacemente le soluzioni nutritive del terreno.

Ognuno degli elementi necessari alla nutrizione ha una sua specifica funzione, in particolare, l'azoto, il fosforo, il potassio, lo zolfo, il calcio, e il magnesio che d'ora innanzi citeremo come macro elementi.

L'AZOTO - regola la crescita delle foglie, ritarda la maturazione dei frutti. E' indispensabile per la
formazione delle sostanze proteiche, non può essere assimilato dalle piante se non nella forma ionizzata dei nitrati. ( solo alcuni batteri particolari che vivono sulle radici di alcune leguminose, dove formano caratteristici tubercoli, possono utilizzare direttamente quello atmosferico). La sua carenza provoca dapprima clorosi e se, perdura può far sopraggiungere la necrosi delle foglie.

IL FOSFORO - regola la crescita delle radici, l'indurimento della li gnina (xilema giovane), anticipa la maturazione dei frutti. E’ utilizzato dalle piante per costituire le sostanze nucleo proteiche delle cellule e di molti sistemi enzimatici fondamentali. Esso è utile solo nella forma solubile, ma, pur essendo spesso abbondante, incontra nel suolo elementi, quali il calcio o il ferro o il manganese, che lo fanno precipitare rendendolo insolubile, quindi indisponibile, La sua mancanza non è facilmente avvertibile, in pratica i sintomi non sono molto evidenti: - apparato radicale esiguo, foglie rossastre.

IL POTASSIO - regola la produzione dei fiori e dei frutti, la produzione di lignina. Gioca un ruolo
molto importante nella funzione clorofilliana, pur non essendo un costituente della sua molecola; è essenziale durante i processi di sintesi del trasporto dell’amido. E' forse l'unico elemento che non dà fenomeni tossici per eccesso; tutte le piante manifestano notevoli vantaggi ad una sua
somministrazione. La sua carenza si manifesta con una riduzione della crescita, con macchie clorotiche sulle foglie, arricciatura del bordo fogliare, con frutti a maturazione irregolare.

LO ZOLFO - si trova nella struttura di alcuni aminoacidi, costituenti la base delle proteine. Esso è accumulato nel terreno dall'acqua piovana per dilav amento dei solfuri contenuti nel medesimo; è assorbito in forma di solfato, ma si riduce facilmente in solfito, forma molto tossica per tutti gli
organismi.

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IL CALCIO - le piante lo utilizzano per formare pectato di calcio, che è presente nelle pareti cellulari a cui da consistenza; salifica l'acido ossalico, ( estremamente tossico per le piante ), in ossalato di calcio insolubile e quindi inerte per i tessuti. E' inoltre importantissimo per la costituzione dei terreni, poiché le piante possono presentare od una grand’affinità od una totale insofferenza ad esso.

IL MAGNESIO - E' importante soprattutto per la sua presenza nella molecola della clorofilla e come tale nel processo fotosintetico. Il magnesio facilita anche l'assimilazione del fosforo; la sua carenza è manifestata da un evidente clorosi che inizia a livello delle nervature fogliari per poi estendersi a tutta la lamina con conseguente caduta precoce della foglia.

Esistono poi tra i macro elementi: il carbonio, l'ossigeno, l'idrogeno. I primi due provengono
dall’anidride carbonica dell'aria, il terzo dall’acqua essi sono i principali costituenti degli idrati di
carbonio quindi i protagonisti del processo di fotosintesi.

Oltre quelli sopra descritti, le piante necessitano di quantità estremamente piccole di altri elementi che chiameremo microelementi. Tra i più importanti si possono elencare i seguenti: il ferro, il manganese, il rame, lo zinco, il boro, il molibdeno, il cloro, il cobalto, va però detto che non tutti quelli citati sono strettamente indispensabili ai vari organismi. Inoltre l'eccesso di questi nel terreno è altrettanto nocivo della loro assenza totale.

La scarsità di micro-elementi si riflette su diversi meccanismi fisiologici in particolare sul processo fotosintetico, per questo il primo sintomo che la pianta presenta è quello dell'ingiallimento delle foglie. Va inoltre precisato che l'eccesso di queste sostanze può presentare i sintomi della mancanza di altri microelementi. Quelli di cui si conosce la funzione sono:

IL FERRO - è importante per la costituzione della clorofilla: anche se non entra a far parte della sua struttura molecolare ( infatti, l'unico costituente minerale di questa è il magnesio), il ferro però ne catalizza i processi di sintesi. E' inoltre necessario nei processi respiratori. La sua scarsità provoca una forte clorosi delle foglie e la morte dei germogli. Esso è particolarmente utile ai fruttiferi, poiché se viene a mancare, la colorazione dei frutti rimane sbiadita.
IL MANGANESE - interviene nella respirazione, nella sintesi proteica, è un catalizzatore dei processi fotosintetici, la sua mancanza provoca la comparsa di chiazze bianche o giallastre sulle foglie, più evidente verso l'estremità dei rami, vale a dire nei germogli apicali. Questa clorosi comincia a formarsi dal margine della foglia verso l'interno, delineando una zona chiara a forma di "V" tra le nervature. La ca renza di manganese si verifica di solito in terreni alcalini, si corregge usando soluzioni fogliari.

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IL BORO - le piante a crescita rapida coltivate in terreni sabbiosi o molto alcalini, ( pH superiore a 6 ), soffrono spesso di questa carenza, in queste piante le zone meristematiche, (destinate alla crescita dei rametti e delle radici ), muoiono, mentre i tessuti subiscono delle deformazioni e delle necrosi. Il fenomeno è più evidente nelle piante da esterno quando sono esposte ad inverni piovosi a cui seguono estati molto calde. Si può prevenire la carenza di questo elemento spargendo 1,5 gr. per vasi di 100 cm. 2 di sup. in presenza di terricci sabbiosi, la dose va triplicata se la terra è argillosa.

IL RAME - i terricci ricchi di torba fresca e quelli molto vecchi e dilavati ingenerano carenze di rame. La sua mancanza rallenta lo sviluppo delle zone vegetative quando la mancanza si protrae, queste possono morire. Le foglie possono assumere colorazione verde bluastro cupa, o clorosi. I danni da ca renza si curano con il solfato di rame sparso in ragione di gr. 0,15 per vasi di 100 cm.2 di sup., nei terreni torbosi la dose deve esse re aumentata in ragione di 8 volte.

IL MOLIBDENO - è di fondamentale importanza nei processi di riduzione dei nitrati; senza di esso le leguminose non possono fissare l'azoto. Poiché la sua solubilità, nel terreno, è favorita dalla presenza di calcio, è buona norma integrarne la somministrazione con calce agricola.

LO ZINCO - elemento molto esiguo; in sua mancanza l'inibizione allo sviluppo è notevole, i rami
presentano internodi ridotti, le foglie sono piccole e strette, molto fitte a causa della riduzione
internodale, spesso assumono l'aspetto di rosetta, sono clorotiche e cadono prematuramente. Si curano le carenze accertate con la somministrazione di solfato di zinco in ragione di 0,3 gr. per vasi di 100 cm. 2 di sup.
La presenza di quantità molto elevate di questi o d’altri metalli nei terricci può danneggiare od uccidere i bonsai. Va poi considerato, che un terriccio acido tende a fissare il manganese, ed un suo eccesso, come si può avere nei composti di terra di brughiera o di sottobosco, prov oca fenomeni fitotossici poiché danneggia i delicati tessuti degli apici radicali. Alcuni elementi metallici interagiscono con altri già presenti nel terriccio, limitandone in tal modo la loro disponibilità per le piante.

Ad esempio un’eccessiva concimazione a base di fosfati può simulare una mancanza di ferro e di zinco ( rallentamento dello sviluppo ); un uso troppo ripetuto di soluzioni a base di cloruro di potassio può avere come conseguenza un accumulo di cloro nel terreno i cui sintomi fitotossici possono essere confusi con quelli ca usati dalla mancanza del potassio stesso, infatti, i margini delle foglie a causa dell'eccesso di questo elemento si macchiano di marrone.


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L'eccesso di manganese invece può causare un’apparente mancanza di ferro. A volte fattori estranei all'alimentazione possono dare sintomi da carenza di elementi nutrizionali, oppure avvantaggiare il bonsai compromesso: il clima freddo umido, può portare miglioramenti in situazioni di grave sofferenza, rallentando i processi metabolici della pianta, mentre un drenaggio inadeguato del vaso, può simulare una carenza di azoto; ed ancora i caratteristici danni prodotti dal vento freddo sono simili a quelli presentati dalla carenza di potassio.

Quando i sintomi di carenze alimentari divengono evidenti la pianta sta già soffrendo da qualche tempo e la situazione qualche volta è definitivamente compromessa al punto di rendere inutile qualsiasi intervento compreso l'uso dei fertilizzanti. Per questo motivo potremo dire con una frase fatta, che è meglio prevenire che curare, ciò significa attuare tutte quelle misure dettate dall'esperienza durante tutto il periodo di vita del nostro bonsai.

Quando si notano i primi sintomi di denutrizione, ci si deve regolare nel seguente modo: da prima occorre diagnosticare la natura della sostanza carente, success ivamente valutare la gravità dell'inconveniente, infine determinare la natura e la quantità del fertilizzante più adatto. Per realizzare quanto sopra, la via più sicura seppure costosa, consiste nel far eseguire una completa analisi chimica e biologica del terreno usato per i rinvasi, oppure l'analisi istologica dei tessuti fogliari, anche se spesso è più semplice ed efficiente l'assistenza di un esperto.

Una volta che ci si sia fatta un'opinione ben precisa sulla natura della carenza si può intervenire nel modo migliore. Nei casi di carenza protratta un intervento molto efficace è la nutrizione fogliare essa si attua nebulizzando una data soluzione nutritizia sulle foglie del bonsai; se la diagnosi risulta esatta e la terapia indovinata, si noteranno in poco tempo dei sensibili miglioramenti ed il trattamento potrà essere ripetuto ogni due settimane fino a completa guarigione.

LA FERTILIZZAZIONE DEL BONSAI
La concimazione del bonsai deve tenere conto d’alcuni aspetti importanti legati alla vita della pianta, questi possono essere così classificati:
A) - Periodo di vegetazione delle varie specie; il periodo è determinato in linea di massima dalle fasce climatiche, queste circoscrivono le zone della superficie terrestre caratterizzate da uniformi condizioni della temperatura e delle precipitazioni nell'arco dell'anno solare.
Le fasce climatiche, da cui provengono la quasi totalità delle specie usate per la costruzione dei bonsai, sono essenzialmente due:
a) le fasce temperate in cui esistono quattro stagioni ben distinte tra loro;
b) le fasce tropico- equatoriale in cui esistono due estesi periodi, uno arido e l'altro piovoso, chiamato "stagione delle piogge".

Nella zona temperata le piante vegetano nel periodo marzo- ottobre; il legno di queste piante presenta zonature annuali di accrescimento che evidenziano l'accrescimento estivo e l'accrescimento autunnale-primaverile, (non esiste una separazione tra la crescita autunnale e quella primaverile poiché quella invernale, a causa della stasi vegetativa, è inesistente ).
Nella zona tropico- equatoriale non esiste separazione tra il legno prodotto nella stagione secca e quello della stagione umida, le eventuali zonature sono determinate da fattori che non necessariamente sono legati al tempo di sviluppo dell'albero.


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B) - Limiti di temperatura. Gli alberi hanno limiti di vegetabilità che sono compresi tra temperature ben definite non solo per le singole specie, ma per l'intero regno vegeta le. Il limite inferiore si situa nell'intorno dei 5/7°C., quello superiore si situa sopra i 35°C., all'esterno di quest’intervallo l'albero entra nella stasi vegetativa.
C) - Periodo di rinvaso. In questa fase il bonsai non necessita di concimi, ma di sostanze integratrici del terriccio di rinvaso. Ogni sostanza alimentare fornita al terreno di rinvaso deve avere un meccanismo di cessione che si attivi non prima di 15gg. dal trapianto.
D) - Stati di carenza nutrizionali, che sono spesso determinati da terreni vecchi ed impoveriti dei sali solubili per le frequenti annaffiature.
E) - Periodo di fioritura.

I CONCIMI ED IL LORO USO.
La pratica della concimazione o la fertilizzazione del terreno, applicata fin dai tempi, antichissimi, si basa sul principio, anzi sulla necessità di restituire al suolo di cultura quelli elementi che sono stati asportati dalle piante durante la loro attività vitale.
Le tecniche di concimazione dei bonsai non si limitano a ripristinare i livelli d’elementi fertilizzanti, giacché con la concimazione si cerca di dare al substrato di cultura più di quanto avesse in origine, per esaltare al massimo l'accrescimento dei nostri alberi.
Innanzi tutto bisogna fornire al terreno i macro elementi in altre parole: l'azoto, il fosforo, il potassio, il magnesio, il calcio, in seguito, secondo le necessità, si forniranno i microelementi.

Mentre sono rare le deficienze di ferro e magnesio, è invece frequente la mancanza d’azoto, fosforo, potassio, che sono consumati in notevoli quantità ed a volte occorre, per le specie che lo sopportano, integrare anche il calcio.
Le concimazioni dei bonsai devono poi tenere conto del grado di formazione della pianta, infatti, un bonsai giovane in fase di formazione ha necessità di fertilizzazioni maggiori, di quanto non n’abbia un vecchio in fase di mantenimento.

I prodotti che si aggiungono al suolo si distinguono in "ammendanti", (es. leonardite), che servono a migliorare le qualità fisico-meccaniche del terreno; "correttivi " che ne correggono la reazione chimica (es. acidificanti od alcalinizzanti) ed i "concimi" che arrecano al terreno gli elementi di fertilità necessari.

I concimi si dividono a loro volta in:
semplici, contengono un solo elemento di fertilità;
composti, sono la somma di due o più concimi semplici;
complessi, nei quali gli elementi di fertilità sono legati tra loro a livello chimico.

I diversi concimi hanno poi reazioni chimiche differenti: alcuni sono neutri, altri acidi ed altri ancora alcalini.
Tra i concimi a reazione neutra più usati sono: il solfato ammonico ed il solfato di potassio.
Tra quelli a reazione acida: il perfosfato minerale.
Tra quelli a reazione alcalina: le scorie Thomas.
Nella pratica si usano, per terreni tendenzialmente acidi concimi alcalini.

I concimi possono poi ancora essere classificati come chimici (ottenuti per sintesi) e organici (prodotti da decomposizione di sostanze viventi).Questi ultimi sono molto importanti, per la carica di micro elementi che contengono, oltre agli acidi fulvici ed alla micro flora batterica (prodotti integratori del terreno).


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I più importanti concimi organici sono:
- il guano prodotto dall'accumularsi millenario, in determinati luoghi, delle deiezioni d’uccelli marini;
- il letame prodotto della deiezione d’animali domestici assommato alle loro lettiere. Nonostante le sue
ottime qualità e la sua notevole efficacia miglioratrice delle proprietà del terreno, il letame è raramente impiegato nella pratica bonsaistica, perché il suo impiego può essere fastidioso soprattutto per le piante da interno, può essere sostituito da sali ammoniacali come il solfato ammonico, che è assorbito intensamente dal terreno, essendo sottratto all'azione dilavante dell'acqua; esso ha inoltre un’azione fertilizza nte lenta e durevole.

Altri concimi azotati organici sono il sangue secco, la cornunghia, i composti organici, le farine: di pesce, di semi di cotone, d’ossa, che mescolate tra loro costituiscono i " kolan nipponici", tutti questi concimi cedono i componenti più o meno lentamente. Sono poi da considerarsi concimi minerali d’origine organica le ceneri di legna e di foglie.

Tra i concimi apportatori di fosforo vanno citati: gli ortofosfati intensamente assorbiti dal terreno
quindi facilmente assimilati dai vegetali; i pirofosfati che si convertono rapidamente in ortofosfati,
I fosfati insolubili , più lenti ma interamente utilizzati dai vegetali L'unico fosfato organico è il guano, contengono fosforo anche il sangue secco, i letami ed i prodotti di compostaggio.
Il potassio è fornito quasi esclusivamente sotto forma di solfato poiché questo risulta in assoluto il
meno fitotossico.

Le concimazioni azotate organiche contenendo una notevole quantità d’enzimi, esaltano in maniera notevole la fertilità del substrato; aumentano il rigoglio vegetativo, posticipano le fasi vegetative e possono ritardare in modo notevole la lignificazione dei tessuti.
Un eccesso di concimazione azotata rende i bonsai maggiormente soggetti ai danni da freddo e da
attacchi parassitari.

Le concimazioni fosfatiche accorciano il ciclo vegetativo poiché mentre da un lato ritardano lievemente la ripresa primaverile, dall'altro anticipano la maturazione, sottraendo le nostre piante, ai pericoli rispettivamente dei geli tardivi e delle siccità estive. Al contrario dell'azoto il fosforo accelera la lignificazione dei tessuti con tutti i relativi vantaggi.

Le concimazioni potassiche, infine, hanno effetti buoni sull'intero metabolismo vegetale.

Nei terreni acidi i correttivi di più largo impiego sono la calce agricola, detta anche di defecazione, le marne, le argille calcaree, le dolomiti.
Nei suoli, a reazione alcalina invece s’impiega essenzialmente il gesso agrario finemente macinato o lo zolfo in polvere.

I concimi chimici maggiormente usati sono quelli granulari. Alcuni prodotti sono poi commerciati in forma liquida, questi sono usati come concimi fogliari.


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NUTRIZIONE FOGLIARE
Con il termine di nutrizione fogliare s’intende la somministrazione di sostanze nutritive alla parte aerea della pianta; questa si realizza mediante nebulizzazione di una soluzione acquosa delle sostanze nutritizie.

Questo tipo di somministrazione è relativamente semplice, molto utile quando si debba ovviare, ai danni creati da carenze o malattie, tuttavia questa tecnica richiede una notevole esperienza e molte precauzioni, poiché un’eccessiva somministrazione crea danni più o meno seri alle foglie, fino al punto di causare la completa defogliazione della pianta trattata.

Per raggiungere mediante questa pratica i risultati auspicati occorre ricorrere a somministrazioni frequenti ma a bassa concentrazione d’elementi fertilizzanti (soluzioni a forte diluizione), le piante da trattare devono avere un apparato fogliare sufficientemente folto da catturare la quasi totalità della soluzione nutritiva, occorre inoltre avere l'avvertenza di aggiungere sempre alla soluzione fogliare un "bagnante", (tensioattivo) che ne garantisca una totale distribuzione ed aderenza all'apparato fogliare.

La nutrizione fogliare non sostituisce il tradizionale sistema di concimazione, ma lo integra utilmente nei seguenti casi:
1) - per dare un rapido incremento alla crescita, quando questa sia arrestata: da un eccessivo
dilav amento del terreno, da danni causati da nottate troppo fredde, da venti freddi o da gelate;
2) - per fornire, in modo rapido, sostanze nutrienti quando le radici non siano più in grado di assorbire sufficiente quantità di nutrimento dal terreno a causa di: prolungata carenza idrica, temperatura troppo bassa, od infine se, per qualunque altra causa, il sistema radicale ha riportato dei danni troppo estesi;
3) - per ovviare alla mancanza di un particolare elemento nutritivo, che, se somministrato al terreno, potrebbe essere trasformato in forma non adatta all'assorbimento, cosa che accade ad esempio con il manganese;
4) - per fornire alla pianta un ulteriore nutrimento in aggiunta ai normali fertilizzanti del terreno, in situazioni vegetative tali che la richiesta, da parte della pianta, di sostanza nutritiva superi la capacità d’assorbimento della radice.

LA NUTRIZIONE
Nutrire le piante in vaso In condizioni normali le piante provvedono da sole al loro
nutrimento.

L'acqua che i vegetali trovano nel terreno rappresenta l' 80 - 90% del loro peso. Il 9 -18% rimanente è composto dall'anidride carbonica e dall'ossigeno del atmosfera. Dal punto di vista chimico invece tre elementi (carbonio, idrogeno ed ossigeno) rappresentano il 98 -99%
del peso della pianta, (composizione ponderale) il restante 1-2% è costituito da altri 60 elementi.

Sebbene nei terreni normalmente utilizzati per i rinvasi vi sia una notevole riserva di questi elementi la loro disponibilità in forma utilizzabile da parte delle piante, può avvenire solo in particolari condizioni e qualche volta con velocità troppo bassa rispetto alle esigenze della pianta. Nel periodo di maggior sviluppo vegetativo, occorrerà quindi intervenire ad integrare il terreno con questi elementi in forma disponibile.


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Le necessità alimentari non riguardano gli elementi ricuperabili direttamente dall'atmosfera (carbonio, idrogeno ed ossigeno) e neppure la maggior parte degli altri elementi.
Allo stato, attuale delle conoscenze solo 10 di questi sembrano necessari ad un corretto sviluppo
vegetativo, inoltre di quelli di cui si conosce la funzione solo tre (azoto, fosforo e potassio ) sono
assimilati in quantità apprezzabili, il che determina la necessità che la loro somministrazione sia
frequente.

Le piante si alimentano attraverso i peli radicali, con cui assorbono le sostanze nutrienti presenti nel terreno e sciolte nell'acqua. La capacità di assorbire sostanze nutritizie non è localizzata unicamente nelle radici; anche le foglie sono in grado di svolgere la stessa funzione, con tempi di reazione veramente minimi, poiché i fertilizzanti assorbiti da esse vengono a trovarsi direttamente nella zona in cui maggiore è la loro utilizzazione.

Per quanto questo metodo possa difficilmente sostituire i tradizionali sistemi di concimazione del terreno, esso offre tuttavia notevoli vantaggi. Affinché la nutrizione sia buona, le piante devono essere sane, con apparato radicale ben sviluppato, vanno coltivate in terreni adeguatamente drenati ed ossigenati.

L'ASSORBIMENTO.
Questo fenomeno avviene con produzione d’energia da parte delle radici, questa si sviluppa dalla
combustione degli zuccheri e degli amidi, inviati alle cellule radicali, e dall'ossigeno atmosferico: ne consegue che il terreno deve essere sempre ben aerato se si vuole che la pianta assorba efficacemente le soluzioni nutritive del terreno.

Ognuno degli elementi necessari alla nutrizione ha una sua specifica funzione, in particolare, l'azoto, il fosforo, il potassio, lo zolfo, il calcio, e il magnesio che d'ora innanzi citeremo come macro elementi.

L'AZOTO - regola la crescita delle foglie, ritarda la maturazione dei frutti. E' indispensabile per la
formazione delle sostanze proteiche, non può essere assimilato dalle piante se non nella forma ionizzata dei nitrati. ( solo alcuni batteri particolari che vivono sulle radici di alcune leguminose, dove formano caratteristici tubercoli, possono utilizzare direttamente quello atmosferico). La sua carenza provoca dapprima clorosi e se, perdura può far sopraggiungere la necrosi delle foglie.

IL FOSFORO - regola la crescita delle radici, l'indurimento della li gnina (xilema giovane), anticipa la maturazione dei frutti. E’ utilizzato dalle piante per costituire le sostanze nucleo proteiche delle cellule edi molti sistemi enzimatici fondamentali. Esso è utile solo nella forma solubile, ma, pur essendo spesso abbondante, incontra nel suolo elementi, quali il calcio o il ferro o il manganese, che lo fanno precipitare rendendolo insolubile, quindi indisponibile, La sua mancanza non è facilmente avvertibile, in pratica i sintomi non sono molto evidenti: - apparato radicale esiguo, foglie rossastre.


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IL POTASSIO - regola la produzione dei fiori e dei frutti, la produzione di lignina. Gioca un ruolo
molto importante nella funzione clorofilliana, pur non essendo un costituente della sua molecola; è essenziale durante i processi di sintesi del trasporto dell’amido. E' forse l'unico elemento che non dà fenomeni tossici per eccesso; tutte le piante manifestano notevoli vantaggi ad una sua
somministrazione. La sua carenza si manifesta con una riduzione della crescita, con macchie clorotiche sulle foglie, arricciatura del bordo fogliare, con frutti a maturazione irregolare.

LO ZOLFO - si trova nella struttura di alcuni aminoacidi, costituenti la base delle proteine. Esso è accumulato nel terreno dall'acqua piovana per dilav amento dei solfuri contenuti nel medesimo; è assorbito in forma di solfato, ma si riduce facilmente in solfito, forma molto tossica per tutti gli
organismi.

IL CALCIO - le piante lo utilizzano per formare pectato di calcio, che è presente nelle pareti cellulari a cui da consistenza; salifica l'acido ossalico, ( estremamente tossico per le piante ), in ossalato di calcio insolubile e quindi inerte per i tessuti. E' inoltre importantissimo per la costituzione dei terreni, poiché le piante possono presentare od una grand’affinità od una totale insofferenza ad esso.

IL MAGNESIO - E' importante soprattutto per la sua presenza nella molecola della clorofilla e come tale nel processo fotosintetico. Il magnesio facilita anche l'assimilazione del fosforo; la sua carenza è manifestata da un evidente clorosi che inizia a livello delle nervature fogliari per poi estendersi a tutta la lamina con conseguente caduta precoce della foglia.
Esistono poi tra i macro elementi: il carbonio, l'ossigeno, l'idrogeno. I primi due provengono
dall’anidride carbonica dell'aria, il terzo dall’acqua essi sono i principali costituenti degli idrati di
carbonio quindi i protagonisti del processo di fotosintesi.
Oltre quelli sopra descritti, le piante necessitano di quantità estremamente piccole di altri elementi che chiameremo microelementi.

Tra i più importanti si possono elencare i seguenti: il ferro, il manganese, il rame, lo zinco, il boro, il molibdeno, il cloro, il cobalto, va però detto che non tutti quelli citati sono strettamente indispensabili ai vari organismi. Inoltre l'eccesso di questi nel terreno è altrettanto nocivo della loro assenza totale. La scarsità di micro-elementi si riflette su diversi meccanismi fisiologici in particolare sul processo fotosintetico, per questo il primo sintomo che la pianta presenta è quello dell'ingiallimento delle foglie.

Va inoltre precisato che l'eccesso di queste sostanze può presentare i sintomi della mancanza di altri microelementi. Quelli di cui si conosce la funzione sono:


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IL FERRO - è importante per la costituzione della clorofilla: anche se non entra a far parte della sua struttura molecolare ( infatti, l'unico costituente minerale di questa è il magnesio), il ferro però ne catalizza i processi di sintesi. E' inoltre necessario nei processi respiratori. La sua scarsità provoca una forte clorosi delle foglie e la morte dei germogli. Esso è particolarmente utile ai fruttiferi, poiché se viene a mancare, la colorazione dei frutti rimane sbiadita.

IL MANGANESE - interviene nella respirazione, nella sintesi proteica, è un catalizzatore dei processi fotosintetici, la sua mancanza provoca la comparsa di chiazze bianche o giallastre sulle foglie, più evidente verso l'estremità dei rami, vale a dire nei germogli apicali. Questa clorosi comincia a formarsi dal margine della foglia verso l'interno, delineando una zona chiara a forma di "V" tra le nervature. La ca renza di manganese si verifica di solito in terreni alcalini, si corregge usando soluzioni fogliari.

IL BORO - le piante a crescita rapida coltivate in terreni sabbiosi o molto alcalini, ( pH superiore a 6 ), soffrono spesso di questa carenza, in queste piante le zone meristematiche, (destinate alla crescita dei rametti e delle radici ), muoiono, mentre i tessuti subiscono delle deformazioni e delle necrosi. Il fenomeno è più evidente nelle piante da esterno quando sono esposte ad inverni piovosi a cui seguono estati molto calde. Si può prevenire la carenza di questo elemento spargendo 1,5 gr. per vasi di 100 cm. 2 di sup. in presenza di terricci sabbiosi, la dose va triplicata se la terra è argillosa.

IL RAME - i terricci ricchi di torba fresca e quelli molto vecchi e dilavati ingenerano carenze di rame. La sua mancanza rallenta lo sviluppo delle zone vegetative quando la mancanza si protrae, queste possono morire. Le foglie possono assumere colorazione verde bluastro cupa, o clorosi. I danni da ca renza si curano con il solfato di rame sparso in ragione di gr. 0,15 per vasi di 100 cm.2 di sup., nei terreni torbosi la dose deve esse re aumentata in ragione di 8 volte.

IL MOLIBDENO - è di fondamentale importanza nei processi di riduzione dei nitrati; senza di esso le leguminose non possono fissare l'azoto. Poiché la sua solubilità, nel terreno, è favorita dalla presenza di calcio, è buona norma integrarne la somministrazione con calce agricola.

LO ZINCO - elemento molto esiguo; in sua mancanza l'inibizione allo sviluppo è notevole, i rami
presentano internodi ridotti, le foglie sono piccole e strette, molto fitte a causa della riduzione
internodale, spesso assumono l'aspetto di rosetta, sono clorotiche e cadono prematuramente. Si curano le carenze accertate con la somministrazione di solfato di zinco in ragione di 0,3 gr. per vasi di 100 cm. 2 di sup.

La presenza di quantità molto elevate di questi o d’altri metalli nei terricci può danneggiare od uccidere i bonsai. Va poi considerato, che un terriccio acido tende a fissare il manganese, ed un suo eccesso, come si può avere nei composti di terra di brughiera o di sottobosco, prov oca fenomeni fitotossici poiché danneggia i delicati tessuti degli apici radicali. Alcuni elementi metallici interagiscono con altri già presenti nel terriccio, limitandone in tal modo la loro disponibilità per le piante.

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Ad esempio un’eccessiva concimazione a base di fosfati può simulare una mancanza di ferro e di zinco ( rallentamento dello sviluppo ); un uso troppo ripetuto di soluzioni a base di cloruro di potassio può avere come conseguenza un accumulo di cloro nel terreno i cui sintomi fitotossici possono essere confusi con quelli ca usati dalla mancanza del potassio stesso, infatti, i margini delle foglie a causa dell'eccesso di questo elemento si macchiano di marrone. L'eccesso di manganese invece può causare un’apparente mancanza di ferro.

A volte fattori estranei all'alimentazione possono dare sintomi da carenza di elementi nutrizionali, oppure avvantaggiare il bonsai compromesso: il clima freddo umido, può portare miglioramenti in situazioni di grave sofferenza, rallentando i processi metabolici della pianta, mentre un drenaggio inadeguato del vaso, può simulare una carenza di azoto; ed ancora i caratteristici danni prodotti dal vento freddo sono simili a quelli presentati dalla carenza di potassio.

Quando i sintomi di carenze alimentari divengono evidenti la pianta sta già soffrendo da qualche tempo e la situazione qualche volta è definitivamente compromessa al punto di rendere inutile qualsiasi intervento compreso l'uso dei fertilizzanti. Per questo motivo potremo dire con una frase fatta, che è meglio prevenire che curare, ciò significa attuare tutte quelle misure dettate dall'esperienza durante tutto il periodo di vita del nostro bonsai.

Quando si notano i primi sintomi di denutrizione, ci si deve regolare nel seguente modo: da prima occorre diagnosticare la natura della sostanza carente, success ivamente valutare la gravità dell'inconveniente, infine determinare la natura e la quantità del fertilizzante più adatto. Per realizzare quanto sopra, la via più sicura seppure costosa, consiste nel far eseguire una completa analisi chimica e biologica del terreno usato per i rinvasi, oppure l'analisi istologica dei tessuti fogliari, anche se spesso è più semplice ed efficiente l'assistenza di un esperto.

Una volta che ci si sia fatta un'opinione ben precisa sulla natura della carenza si può intervenire nel modomigliore.
Nei casi di carenza protratta un intervento molto efficace è la nutrizione fogliare essa si attua
nebulizzando una data soluzione nutritizia sulle foglie del bonsai; se la diagnosi risulta esatta e la terapia indovinata, si noteranno in poco tempo dei sensibili miglioramenti ed il trattamento potrà essere ripetuto ogni due settimane fino a completa guarigione.

LA FERTILIZZAZIONE DEL BONSAI
La concimazione del bonsai deve tenere conto d’alcuni aspetti importanti legati alla vita della pianta, questi possono essere così classificati:
A) - Periodo di vegetazione delle varie specie; il periodo è determinato in linea di massima dalle fasce climatiche, queste circoscrivono le zone della superficie terrestre caratterizzate da uniformi condizioni della temperatura e delle precipitazioni nell'arco dell'anno solare.
Le fasce climatiche, da cui provengono la quasi totalità delle specie usate per la costruzione dei bonsai, sono essenzialmente due:
a) le fasce temperate in cui esistono quattro stagioni ben distinte tra loro;
b) le fasce tropico- equatoriale in cui esistono due estesi periodi, uno arido e l'altro piovoso, chiamato "stagione delle piogge".

Nella zona temperata le piante vegetano nel periodo marzo- ottobre; il legno di queste piante presenta zonature annuali di accrescimento che evidenziano l'accrescimento estivo e l'accrescimento autunnale- primaverile, (non esiste una separazione tra la crescita autunnale e quella primaverile poiché quella invernale, a causa della stasi vegetativa, è inesistente ).
Nella zona tropico- equatoriale non esiste separazione tra il legno prodotto nella stagione secca e quello della stagione umida, le eventuali zonature sono determinate da fattori che non necessariamente sono legati al tempo di sviluppo dell'albero.
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B) - Limiti di temperatura. Gli alberi hanno limiti di vegetabilità che sono compresi tra temperature ben definite non solo per le singole specie, ma per l'intero regno vegeta le. Il limite inferiore si situa nell'intorno dei 5/7°C., quello superiore si situa sopra i 35°C., all'esterno di quest’intervallo l'albero entra nella stasi vegetativa.
C) - Periodo di rinvaso. In questa fase il bonsai non necessita di concimi, ma di sostanze integratrici del terriccio di rinvaso. Ogni sostanza alimentare fornita al terreno di rinvaso deve avere un meccanismo di cessione che si attivi non prima di 15gg. dal trapianto.
D) - Stati di carenza nutrizionali, che sono spesso determinati da terreni vecchi ed impoveriti dei sali solubili per le frequenti annaffiature.
E) - Periodo di fioritura.

I CONCIMI ED IL LORO USO.
La pratica della concimazione o la fertilizzazione del terreno, applicata fin dai tempi, antichissimi, si basa sul principio, anzi sulla necessità di restituire al suolo di cultura quelli elementi che sono stati asportati dalle piante durante la loro attività vitale.
Le tecniche di concimazione dei bonsai non si limitano a ripristinare i livelli d’elementi fertilizzanti,giacché con la concimazione si cerca di dare al substrato di cultura più di quanto avesse in origine, per esaltare al massimo l'accrescimento dei nostri alberi.

Innanzi tutto bisogna fornire al terreno i macro elementi in altre parole: l'azoto, il fosforo, il potassio, il magnesio, il calcio, in seguito, secondo le necessità, si forniranno i microelementi.

Mentre sono rare le deficienze di ferro e magnesio, è invece frequente la mancanza d’azoto, fosforo, potassio, che sono consumati in notevoli quantità ed a volte occorre, per le specie che lo sopportano, integrare anche il calcio.
Le concimazioni dei bonsai devono poi tenere conto del grado di formazione della pianta, infatti, un bonsai giovane in fase di formazione ha necessità di fertilizzazioni maggiori, di quanto non n’abbia un vecchio in fase di mantenimento.

I prodotti che si aggiungono al suolo si distinguono in "ammendanti", (es. leonardite), che servono a migliorare le qualità fisico-meccaniche del terreno; "correttivi " che ne correggono la reazione chimica (es. acidificanti od alcalinizzanti) ed i "concimi" che arrecano al terreno gli elementi di fertilità necessari.

I concimi si dividono a loro volta in:
semplici, contengono un solo elemento di fertilità;
composti, sono la somma di due o più concimi semplici;
complessi, nei quali gli elementi di fertilità sono legati tra loro a livello chimico.
I diversi concimi hanno poi reazioni chimiche differenti: alcuni sono neutri, altri acidi ed altri ancora alcalini.
Tra i concimi a reazione neutra più usati sono: il solfato ammonico ed il solfato di potassio.
Tra quelli a reazione acida: il perfosfato minerale.
Tra quelli a reazione alcalina: le scorie Thomas.
Nella pratica si usano, per terreni tendenzialmente acidi concimi alcalini.
I concimi possono poi ancora essere classificati come chimici (ottenuti per sintesi) e organici (prodotti da decomposizione di sostanze viventi).Questi ultimi sono molto importanti, per la carica di micro elementi che contengono, oltre agli acidi fulvici ed alla micro flora batterica (prodotti integratori del terreno).
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I più importanti concimi organici sono:
- il guano prodotto dall'accumularsi millenario, in determinati luoghi, delle deiezioni d’uccelli marini;
- il letame prodotto della deiezione d’animali domestici assommato alle loro lettiere. Nonostante le sue ottime qualità e la sua notevole efficacia miglioratrice delle proprietà del terreno, il letame è raramente impiegato nella pratica bonsaistica, perché il suo impiego può essere fastidioso soprattutto per le piante da interno, può essere sostituito da sali ammoniacali come il solfato ammonico, che è assorbitointensamente dal terreno, essendo sottratto all'azione dilavante
fertilizza nte lenta e durevole.

Altri concimi azotati organici sono il sangue secco, la cornunghia, i
composti organici, le farine: di pesce, di semi di cotone, d’ossa, che mescolate tra loro costituiscono i " kolan nipponici", tutti questi concimi cedono i componenti più o meno lentamente. Sono poi da considerarsi concimi minerali d’origine organica le ceneri di legna e di foglie.

Tra i concimi apportatori di fosforo vanno citati: gli ortofosfati intensamente assorbiti dal terreno
quindi facilmente assimilati dai vegetali; i pirofosfati che si convertono rapidamente in ortofosfati,
I fosfati insolubili , più lenti ma interamente utilizzati dai vegetali L'unico fosfato organico è il guano,
contengono fosforo anche il sangue secco, i letami ed i prodotti di compostaggio.
Il potassio è fornito quasi esclusivamente sotto forma di solfato poiché questo risulta in assoluto il
meno fitotossico.
Le concimazioni azotate organiche contenendo una notevole quantità d’enzimi, esaltano in maniera notevole la fertilità del substrato; aumentano il rigoglio vegetativo, posticipano le fasi vegetative e possono ritardare in modo notevole la lignificazione dei tessuti.
Un eccesso di concimazione azotata rende i bonsai maggiormente soggetti ai danni da freddo e da
attacchi parassitari.

Le concimazioni fosfatiche accorciano il ciclo vegetativo poiché mentre da un lato ritardano lievemente la ripresa primaverile, dall'altro anticipano la maturazione, sottraendo le nostre piante, ai pericoli rispettivamente dei geli tardivi e delle siccità estive. Al contrario dell'azoto il fosforo accelera la lignificazione dei tessuti con tutti i relativi vantaggi.

Le concimazioni potassiche, infine, hanno effetti buoni sull'intero metabolismo vegetale.

Nei terreni acidi i correttivi di più largo impiego sono la calce agricola, detta anche di defecazione, le marne, le argille calcaree, le dolomiti.
Nei suoli, a reazione alcalina invece s’impiega essenzialmente il gesso agrario finemente macinato o lo zolfo in polvere.
I concimi chimici maggiormente usati sono quelli granulari. Alcuni prodotti sono poi commerciati in forma liquida, questi sono usati come concimi fogliari.

NUTRIZIONE FOGLIARE
Con il termine di nutrizione fogliare s’intende la somministrazione di sostanze nutritive alla parte aerea della pianta; questa si realizza mediante nebulizzazione di una soluzione acquosa delle sostanze nutritizie.


Questo tipo di somministrazione è relativamente semplice, molto utile quando si debba ovviare, ai danni creati da carenze o malattie, tuttavia questa tecnica richiede una notevole esperienza emolte precauzioni, poiché un’eccessiva somministrazione crea danni più o meno seri alle foglie, fino al punto di causare la completa defogliazione della pianta trattata.

Per raggiungere mediante questa pratica i risultati auspicati occorre ricorrere a somministrazioni frequenti ma a bassa concentrazione d’elementi fertilizzanti (soluzioni a forte diluizione), le piante da trattare devono avere un apparato fogliare sufficientemente folto da catturare la quasi totalità della soluzione nutritiva, occorre inoltre avere l'avvertenza di aggiungere sempre alla soluzione fogliare un "bagnante", (tensioattivo) che ne garantisca una totale distribuzione ed aderenza all'apparato fogliare.

La nutrizione fogliare non sostituisce il tradizionale sistema di concimazione, ma lo integra utilmente nei seguenti casi:
1) - per dare un rapido incremento alla crescita, quando questa sia arrestata: da un eccessivo
dilav amento del terreno, da danni causati da nottate troppo fredde, da venti freddi o da gelate;
2) - per fornire, in modo rapido, sostanze nutrienti quando le radici non siano più in grado di assorbire sufficiente quantità di nutrimento dal terreno a causa di: prolungata carenza idrica, temperatura troppo bassa, od infine se, per qualunque altra causa, il sistema radicale ha riportato dei danni troppo estesi;
3) - per ovviare alla mancanza di un particolare elemento nutritivo, che, se somministrato al terreno, potrebbe essere trasformato in forma non adatta all'assorbimento, cosa che accade ad esempio con il manganese;
4) - per fornire alla pianta un ulteriore nutrimento in aggiunta ai normali fertilizzanti del terreno, in situazioni vegetative tali che la richiesta, da parte della pianta, di sostanza nutritiva superi la capacità d’assorbimento della radice.

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